La lettera dell’Associazione “Alas in bolu” per la ripresa delle attività culturali.
Capita, quando piove, di aprire l’ombrello, ma se non sta piovendo, a che serve tenerlo aperto? Capita di ammalarsi, di guarire e ritornare a lavorare, cadere per terra e rialzarsi, ma mai avremmo pensato che questo Covid-19 lasciasse il segno nel comportamento delle persone.
Dopo mesi di quarantena forzata ti aspetti una festa, una rinascita, una voglia matta di ritornare alla vita normale e invece molti non vogliono più uscire o escono spaventati, li vedi soli, in macchina, col caldo estivo che mette a rischio la salute.
Il loro pessimismo avanza: pensano già al mese di settembre, convinti che il virus ritornerà più agressivo, e questo nonostante in Sardegna non ci siano contagi, né ricoveri, né morti, da tempo ormai. Come temere di uscire, per paura che ci cada una tegola in testa o, per chi guida, di esser coinvolti in un incidente.
Non si può più vivere in queste condizioni, si arriva persino ad augurarsi che ci sia davvero, pur di appagare le proprie paure. Intorno a noi la gente si comporta come in tempi di guerra, alzando gli occhi al cielo per vedere se scendono bombe, e molti le vedono pure, anche se in realtà non ci sono.
I più, in verità, si son accorti da settimane che non scendono più bombe e, con pazienza, stanno ritornando alla normalità come giusto che sia. In tutto questo l’assente totale della politica regionale e delle amministrazioni comunali. Molti comuni sono ancora chiusi al pubblico, così come le biblioteche; sono state soppresse sagre, feste e tantissimi progetti culturali, nonostante per legge si possano fare – osservando le regole, naturalmente.
Ma allora perché i Comuni non ne danno la possibilità? Questo chiediamo alla regione Sardegna e ai vari Comuni sardi, come associazione culturale Alas in Bolu, considerendo che la Sardegna non ha alcun contagio, né ricoverati, né morti da Covid-19, da molto tempo ormai.
Per questo sfogo abbiamo assoluta necessità di appoggio e condivisione da parte di molte persone, solo così il nostro lamento può giungere a chi deve leggerlo e tenerne conto. Lo dobbiamo alla vita, alla nostra cultura e tradizioni, all’economia che gira come indotto intorno alla cultura con tantissimi posti di lavoro.
Ma, se questo sfogo cadrà nell’indifferenza di tutti, allora anche noi ci arrenderemo e punteremo gli occhi al cielo, aspettando paurosi che ci scenda qualche bomba in testa.
Associazione “Alas in bolu”