Riflettori puntati sulla versatile attrice, capace di spaziare tra l’ironia della commedia e il pathos del dramma, volto noto del piccolo e soprattutto del grande schermo – sulle orme della madre Stefania – dal fortunato esordio in “Non ci resta che piangere” accanto a Roberto Benigni e Massimo Troisi a “L’attenzione” di Giovanni Soldati e “Strana la vita” di Giuseppe Bertolucci, che l’ha diretta anche in “Amori in corso”, poi “Nirvana” di Gabriele Salvatores e “Christine Cristina” oltre a numerose fiction e serie tv, e con all’attivo una ricca carriera teatrale con registi come Duccio Camerini e Lina Wertmüller, Gabriel Olivares, Lorenzo Gioielli e Paolo Valerio.
Interprete sensibile e raffinata Amanda Sandrelli propone due ritratti al femminile accostando alla ninfa Calipso, creatura misteriosa di ascendenza divina che ha accolto il naufrago Ulisse sull’isola di Ogigia, invaghendosi dell’eroe greco al punto da offrirgli oltre al suo amore il dono dell’immortalità, ma anche disposta ad assecondarne i desideri e favorirne il ritorno ad Itaca, Clitemnestra, regina di Micene, sposa fedifraga e assassina del marito Agamennone. Una donna spietata, secondo il mito, decisa a vendicare la morte della figlia Ifigenia, sacrificata sull’altare prima della partenza delle navi achee alla volta di Troia e decisa a conservare il potere acquisito durante la lunga assenza del sovrano, forse pure infastidita o preoccupata per l’arrivo di una concubina, una principessa troiana prigioniera, la veggente Cassandra.
Se Calipso, pur rattristata, non si oppone alla partenza di Ulisse ma lo mette in guardia avvisandolo dei pericoli e dell’ostilità degli dèi, Clitemnestra trama contro il marito insieme al suo giovane amante: Amanda Sandrelli sceglie la moderna rilettura di questa eroina in nero offerta da Marguerite Yourcenar in “Fuochi” per dar corpo all’indicibile. Una sottile indagine psicologica in forma di monologo per mettere in luce le contraddittorie ragioni e gli impulsi della sovrana di Micene, doveil delitto si trasforma in estremo gesto d’amore – nell’incapacità di accettare la fine di una storia e l’indifferenza dello sposo, scelto prima ancora di conoscerlo, quasi imposto dal destino, “perché noi donne ci innamoriamo degli uomini che le nostre nonne hanno sognato”.
Focus su due creature femminili – due spiriti amanti – e sulle differenti reazioni, quasi opposte, all’idea dell’abbandono, una conservando l’affetto insieme alla maliconia e al rimpianto, l’altra ferocente dilaniata e prigioniera del suo dolore tanto da meditare il suicidio, cercare di suscitare la gelosia per un ultimo abbraccio fatale e infine ricorrere al ferro per spegnere quel fuoco che la divora – salvo poi scoprire che il fantasma dell’ucciso la perseguiterà in eterno.
“La Ninfa Calipso” si sdoppia nell’immagine di due donne allo specchio, la dea potente e fragile, gentile e incapace di rancore e la mortale inquieta – e inquietante – che non vuole o non sa rassegnarsi all’incostanza e al tradimento, perché proietta sull’amato ogni sua visione di felicità. In un’epoca segnata dalla tragedia del femminicidio Clitemnestra offre una visione capovolta, ma non per questo meno terribile dell’equivoco tra amore e possesso, la sua sofferenza si traduce in un atto estremo – senza giustificazioni e forse senza perdono. Eppure – come ricorda la scrittrice francese – “Non c’è una fra le vostre donne che almeno per una notte non abbia sognato di essere Clitemnestra”.
Viaggio tra mito e poesia – sulla falsariga di Omero – per una riflessione su temi attuali e scottanti: non solo l’amore e l’odio, la felicità e il dolore, la gelosia e il perdono, in un trionfo delle passioni che sconfina nella follia – ma anche la condizione degli esuli e dei naufraghi, la nostalgia della patria perduta – l’accoglienza e il desiderio e quasi la necessità di ritornare a casa.