I fumetti e la censura
I fumetti, nel corso degli anni, sono stati oggetto di censure, manipolazioni e strumentalizzazioni.Personaggi quali giudici, scrittori e partiti politici hanno così provveduto a tutelare la loro esistenza, validità e credibilità in momenti di forte osteggiamento verso il mondo del fumetto, considerato un mezzo comunicativo inferiore rispetto alla letteratura classica.
Il caso Masses Publishing del 1917
Il caso Masses Publishing Co. vs Patten è un caso del 1917 che vede coinvolti la rivista “The Masses” e l’allora direttore delle Poste di New York city, Thomas G. Patten.
Il caso nasce da una proposta di legge del 1917, contenuta nell’Espionage Act, predisposta per reprimere le attività sleali tese a minare l’unità della nazione;
conferiva al Congresso la possibilità, grazie ai suoi poteri di guerra, di vietare l’utilizzo della posta per materiale che scoraggiasse la prosecuzione della guerra e il suo successo.
Il contenuto della legge
La bozza della legge conteneva tre previsioni:
- la ‘press censorship provision’:
per la quale costituiva reato la pubblicazione, da parte di chiunque in tempo di guerra, di qualunque informazione che il Presidente ritenesse utile al nemico;
si disponeva l’applicabilità di questa disposizione per limitare la possibilità di discussione e critica delle azioni politiche.
Questa disposizione aveva portato con sé numerose posizioni sfavorevoli che si riferivano alla necessità di un approccio che tutelasse maggiormente la libera manifestazione del pensiero;
soprattutto in tempi di guerra in cui la ragione alla base delle scelte attuate rischia di essere offuscata.
La norma infatti non venne approvata.
2. la ‘disaffection provision’:
per la quale costituivano reato le riproduzioni di notizie false con l’intento preciso di interferire con le operazioni dell’esercito americano.
Anche in questo caso, a fronte delle copiose critiche, il Congresso intervenne modificando alcuni termini con l’intento di renderli meno vaghi e più circoscritti.
3. la ‘nonmailability provision’:
che consentiva al Direttore Generale delle Poste di escludere ogni scritto o pubblicazione ritenuta anarchica o traditrice.
Anche in questo caso non mancarono le critiche:
il Direttore Generale delle Poste acquisì poteri assolutamente sproporzionati rispetto a quelle che dovevano essere le finalità da perseguire.
L’incriminazione di notizie false…
Si arrivò, infine, ad una soluzione di compromesso:
non incriminazione di ogni affermazione di dissenso rispetto alla guerra in corso ma solamente delle false affermazioni di fatto o falsi report che presentassero l’intento di interferire con il successo delle operazioni militari americane.
Il caso specifico connesso alla ‘press censorship provision’ è quello riguardante, nel 1917, la Masses Publishing:
società editrice newyorkese, cui faceva capo il giornale in questione, che veniva classificato come ‘rivoluzionario’ e del quale il direttore delle Poste di New York, Thomas G. Patten, voleva sopprimere la distribuzione.
Il giornale aveva fatto ricorso alla Corte Federale lamentando una limitazione sproporzionata della libertà di espressione:
erano stati incriminati fumetti e articoli nei quali non vi era istigazione ma nei quali si tentava di suscitare delle riflessioni critiche, fatto per cui non era possibile ricorrere alla censura.
…e la decisione del giudice Learned Hand
Il giudice decisore era Learned Hand, che passerà alla storia proprio per il suo intervento in relazione al primo emendamento.
Il giudice Hand affermò chiaramente che la parola poteva essere considerata in due modi: come chiave della persuasione o come grilletto dell’azione.
Le situazioni in esame, secondo il giudice, rientravano nel campo applicativo dell’Espionage Act, nel senso che riconosceva al Congresso l’autorità di vietare l’uso della posta per quei materiali che scoraggiassero il successo della prosecuzione della guerra;
ma allo stesso tempo riteneva che i tribunali dovessero giudicare la legislazione secondo i parametri stabiliti dal Congresso.
Il giudice Hand, nel caso specifico, riteneva che la pubblicazione fosse da considerare come l’espressione delle opinioni contro la guerra in cui gli autori credevano fermamente;
attraverso questa lettura costituzionalmente orientata della libertà di espressione del pensiero il giudice Hand non aveva ritenuto che quella pubblicazione diffondesse delle false voci.
Il giudice Hand credeva fermamente nel potere della tolleranza verso le opinioni espresse, in quanto provvisorie e mai completamente verificate.
La decisione del tribunale distrettuale degli Stati Uniti del giudice Learned Hand nel caso Masses Publishing è stata annullata da una corte d’appello federale ma resterà sempre una preziosa testimonianza di come il giudice abbia cercato di assicurare il diritto alla libera espressione del pensiero durante la guerra.
In Italia i fumetti americani sono proibiti…
Nella seconda metà degli anni ’30 il regime fascista espresse tutto il suo disprezzo e la sua ostilità nei confronti delle “plutocrazie occidentali”, Stati Uniti in testa, attraverso l’attacco ai fumetti e attraverso la censura.
Venne organizzato anche un Congresso Nazionale di Letteratura infantile e giovanile, tenutosi nel Novembre del 1938 e organizzato dal Ministero della Cultura Popolare, dopo una pesantissima campagna della stampa contro il fumetto.
Così, attraverso un’Ordinanza emanata dal Ministero della Cultura Popolare sempre nel 1938, venne proibita la pubblicazione di tutti i fumetti americani, con la sottoposizione ai lettori di fumetti rigorosamente italiani e con forte stampo propagandistico.
L’idea principale che spingeva verso questi provvedimenti risiedeva nella difesa da quella che veniva considerata una vera e propria colonizzazione culturale ed infatti i materiali dovevano essere sostituiti con materiale italiano.
… tranne Topolino
Ma Topolino resistette alla censura.
Si era affermato che Mussolini, per amore dei figli, avesse fatto un’eccezione ma in realtà le motivazioni sono decisamente più pratiche e risiedono nel rapporto tra Arnoldo Mondadori, che curava le testate fasciste, e il regime.
Arnoldo Mondadori non è, però, l’ideatore della rivista di Topolino.
Era stato l’editore Giuseppe Nerbini, nel 1932, a dedicare un intero giornale a Topolino (prima le vignette erano inserite in altre testate):
e, dall’inaspettato successo, nacque una vera e propria guerra di diritti.
Arnoldo Mondadori, alla fine, ebbe la meglio in questa guerra tra editori, soprattutto grazie a un incontro personale con Walt Disney nel 1935, anno in cui Giuseppe Nerbini si trovó quasi costretto a cedere i diritti, e grazie ai suoi stretti rapporti con il regime che gli assicurarono una posizione privilegiata.
Le manipolazioni sui fumetti e il clima di allarme tra gli editori
Diversi esempi possono essere utili per comprendere l’entità del fenomeno della censura e delle manipolazioni nei fumetti;
i fumetti furono strumento di propaganda durante il regime fascista, ed in particolare durante la campagna in Etiopia, per colpire soprattutto l’animo dei più giovani:
in Topolino, unico fumetto sopravvissuto alla censura in Italia, nel numero 138 del 1935 appare addirittura una tavola in cui i soldati italiani utilizzano il gas nervino contro la popolazione indigena.
L’idea del regime era quella di colpire le masse con ogni mezzo disponibile ed il fumetto era un ottimo strumento per raggiungere questo scopo.
Molte proposte di legge, oltre alla Federici-Migliori, furono presentate anche negli anni successivi, nel 1955 e nel 1958, senza riuscire ad essere convertite in legge.
Questo clima mise comunque in allarme molti editori, tra cui Bonelli, che decisero di dotare i fumetti di un marchio (GM, garanzia morale) per prevenire forme di censura governativa, attraverso l’organizzazione di una vera e propria commissione di autoregolamentazione dotata di un codice apposito.
Altro esempio coinvolge il fumetto Superman che, dal 1954 al 1970, fu sottoposto a 150 interventi di manipolazione:
ad iniziare dal nome che venne modificato da “Superman” in “Nembo Kid”, molto probabilmente per non infastidire alcuni ambienti cattolici con un approccio vicino alla filosofia di Nietzsche.
La proposta di legge Federici-Migliori del 1949
La proposta di legge Federici-Migliori è una proposta di legge del 1949 di due parlamentari della DC, Maria Federici e Giovan Battista Migliori:
prevedeva, nelle disposizioni, un controllo preventivo sui fumetti, con la possibilità, ovviamente, di censurarli.
Il PCI riuscì a bloccare l’approvazione di questo progetto:
ravvisava nella proposta una pericolosa deriva in tema di libera manifestazione del pensiero e un pericoloso precedente in materia di censura.
Tra i componenti del PCI c’era chi aveva opinioni anche più dure rispetto a quelle dei colleghi della DC (ad esempio Nilde Iotti);
ma la tutela di un diritto fondamentale era posta alla base di questa opposizione.
I dubbi e le riflessioni sul fumetto
I dubbi e le riflessioni sul fumetto erano leciti se si considera che il regime fascista aveva utilizzato proprio il fumetto come strumento e mezzo di propaganda, diretto principalmente ai giovani:
“Il Balilla” era un giornale settimanale illustrato per ragazzi, fonte di eroi cui ispirarsi ed i cui valori erano incentrati, ovviamente, sui valori militari che la patria richiedeva.
L’idea che il fumetto “disabilitasse il fanciullo alla logica e al ragionamento”, come aveva dichiarato Nilde Iotti, deputata del PCI, durante un intervento alla Camera dei Deputati, era fortemente influenzata dal passato del fumetto: era comune l’idea che il fumetto veicolasse ideali e valori da cui si stava cercando con tutte le forze di allontanarsi.
La difesa del fumetto da parte di Gianni Rodari…
Gianni Rodari, scrittore, giornalista e poeta specializzato in letteratura per l’infanzia, aveva una considerazione molto particolare e positiva dei fumetti.
Li considerava in posizione subordinata rispetto alla letteratura per ragazzi ma ne riconosceva esistenza e validità e li ha sempre difesi, anche se con una certa cautela e con un certo distacco.
È possibile che questo suo atteggiamento di difesa “distaccata” del fumetto risieda nelle sue esperienze personali e di vita.
…e la sua storia personale
Durante la seconda guerra mondiale i problemi di salute gli consentirono l’esonero dal servizio militare ma si iscrisse comunque al partito fascista per trovare un lavoro:
la tessera del partito era obbligatoria per tutti i dipendenti pubblici.
Vinse il concorso da insegnante e insegnò come supplente ma, nel dicembre del 1943, dovette arruolarsi e lavorare all’ospedale militare di Baggio.
Ma ci furono delle esperienze che lo traumatizzarono nel profondo e gli fecero vedere la vita da un’altra prospettiva:
la morte dei suoi due migliori amici e l’internamento del fratello presso un campo di concentramento nazista in Germania.
Questi traumi lo portarono ad avvicinarsi alla Resistenza lombarda: entrò in clandestinità e, nel 1944, si iscrisse al PCI.
Gianni Rodari e “Il Pioniere”
Il Partito Comunista Italiano pubblicò come periodico, a partire dal 1950, il giornale “Il Pioniere”, in parte composto da fumetti ma anche da rubriche e lettere:
lo fondarono Dina Rinaldi e Gianni Rodari, direttore fino alla chiusura nel 1970.
Le storie proposte per i giovani avevano un approccio pedagogico ed intellettuale allo stesso tempo:
nell’ottica di un’educazione progressista si affrontavano temi importanti come quelli della mafia, del pacifismo, dell’emigrazione, della discriminazione razziale e del divario tra ricchi e poveri.
Nelle rubriche erano analizzati i temi legati alla cultura e alla società e una rubrica dedicata analizzava e spiegava il significato delle parole.
Un giornale per ragazzi che invitava a riflettere e ragionare su ciò che accadeva;
coltivando la cultura e la curiosità tra i giovani e fornendo nuovi spunti di discussione.
Grazie al lavoro di archiviazione e digitalizzazione posto in essere da Carlo Zaia oggi è possibile consultare tutti i volumi de “Il Pioniere” su questo sito:
http://www.ilpioniere.org/il-pioniere.html
I fumetti oggi
Al giorno d’oggi i fumetti, soprattutto nell’ultimo periodo, conoscono una rinascita:
nel 2022, ad esempio, i fumetti sono stati la categoria di libri più venduta nel circuito librario.
Si pensi all’enorme successo ottenuto da Zero Calcare:
anche grazie alla trasposizione del suo fumetto nella serie Netflix (“Strappare lungo i bordi”) molte persone si sono avvicinate a questo mondo ed hanno saputo apprezzare appieno questo genere.
Si è compreso ed apprezzato il fumetto, che può raccontare e trasmettere le intense emozioni quanto un racconto, un romanzo, un saggio.
Il linguaggio del fumetto permette di raccontare storie semplici ma anche intense e complesse e solo ora si apprezza appieno la sua versatilità come strumento narrativo:
l’armonioso legame tra immagini e testo consente una immediata comprensione delle storie e delle emozioni dei protagonisti, attribuendo profondità ai sentimenti che vogliono essere trasmessi.
L’armonioso legame tra immagini e testo
Le immagini catturano fortemente l’attenzione dei lettori senza affossare, ma anzi rinforzando, la profondità e il significato dei testi;
ed anche per questo motivo i messaggi propagandistici hanno spesso utilizzato i fumetti.
L’idea che il fumetto possa essere considerato in posizione subordinata rispetto alla letteratura non ha più spazio:
la comunicazione attraverso il fumetto ha la stessa dignità della letteratura;
non si perde l’aspetto formativo che caratterizza i libri classici ma, anzi, può essere considerato un ottimo veicolo di insegnamento, applicabile in ogni contesto.
Elena Elisa Campanella