Sassari è tra i centri di eccellenza italiana nella chirurgia delle neoplasie colorettali. Dallo scorso anno l’Aou ha dotato il reparto di patologia chirurgica di un robot, di ultima generazione. Sono già stati effettuati 38 interventi. A riferirlo nella sua relazione è stato Antonio Marrosu. Ha parlato dei vantaggi della robotica. Nel corso di aggiornamento per medici che si è svolto a Sassari, sabato 11 marzo, all’hotel Grazia Deledda.
Marrosu ha elencato i vantaggi della nuova apparecchiatura. Non solo da un punto di vista del paziente che ha tempi di recupero più brevi, minore pericolo di infezioni e percentuali di recidive più basse. Ma anche da quello della didattica e di una maggiore serenità per gli operatori medici che lavorano in condizioni migliori e quindi con risultati ottimali. Si è comunque sottolineato che una macchina non potrà mai sostituire il chirurgo. Esso dovrà avere un’ottima preparazione per governarla e un’equipe affiatata.
Il primo dei 22 presidi per l’anno in corso, organizzai dall’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Sassari, è stato aperto dai saluti del presidente. Nicola Addis ha precisato l’importanza dei crediti formativi che si acquisiscono frequentando i corsi e che sono obbligatori. Non solo perché previsti dal codice deontologico, ma per legge. Infatti nessuna assicurazione può coprire il medico che non abbia raggiunto il numero di crediti previsti nel triennio. Così come è pregiudiziale per un magistrato in un eventuale processo per responsabilità medica.
Il corso intitolato: “Focus sul moderno trattamento delle neoplasie colorettali” dava diritto a 3 crediti formativi. Responsabili scientifici: Fabrizio Scognamillo e Davide Turilli.
Scognamillo nella presentazione ha ricordato che gli interventi chirurgici colorettali non sono mai stati interrotti. Nel reparto dell’Aou di Patologia chirurgica ogni giovedì viene convocato un tavolo multidisciplinare e si affrontano i casi oncologici più complessi. In modo da porli al 1° posto in Sardegna, secondo gli standard nazionale.
Nel corso dei vari interventi si è detto come la pandemia abbia rallentato l’attività di screening. Essa ha determinato l’aumento della fasi avanzate dei tumori. Quindi una minore possibilità di sopravvivenza per i pazienti. Infatti dallo stadio iniziale del tumore colorettale a quello più critico, l’incidenza di mortalità, nei cinque anni successivi, passa dal 5 per cento all’80.
La prevenzione, attuata con la colonscopia, riduce sensibilmente il rischio dello sviluppo del tumore colorettale. La seconda causa di morte per cancro in tutto il mondo, come ha riferito Andrea Xidas nel suo intervento. Lo screening deve essere attuato a partire dai 50 anni. Anche se dagli studi americani è emerso che la malattia sta colpendo fasce di popolazione sempre più basse. L’asportazione dei polipi di dimensioni ridotte in ambito ambulatoriale, ha sottolineato Pierluigi Tilocca, interrompe le evoluzioni maligne. Quindi gli interventi chirurgici e gli eventuali percorsi chemioterapici.
Stefano Profili e da Giovanni Sanna, Alberto Porcu ha parlato del trattamento chirurgico della malattia metastatica, mentre Giovanni Rizzo e Claudio Feo. Nella seconda fase del convegno hanno affrontato le sequele della chirurgia negli approcci conservativi e riabilitativi. Le loro relazioni di Fabrizio Sanna e Alessio Cogoni sono state incentrate sul ruolo della radioterapia e della chemioterapia. Infine Gaia Mucci ha trattato il tema della risposta clinica dopo il trattamento neoadiuvante. Essa riduce la possibilità di ammalarsi nuovamente dello stesso tipo di tumore.
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