Un affresco dell’aristocrazia siciliana e una tenera storia d’amore tra le righe di “Giuditta e il monsù” (Baldini + Castoldi 2021), il nuovo romanzo della scrittrice e giornalista ragusana Costanza DiQuattro, che lunedì 29 novembre alle 18 nella Sala Eleonora d’Arborea in via Falzarego n.35 a Cagliari dialogherà con la giornalista Serena Schiffini per un nuovo appuntamento con Legger_ezza 2021, il progetto del CeDAC per la Promozione della Lettura; l’evento è realizzato in collaborazione con il Centro di Documentazione e Studi delle Donne di Cagliari. Una riflessione tra letteratura e storia, il gioco delle passioni e le strane “coincidenze” che determinano il destino dei due protagonisti – Giuditta e Fortunato – tra affinità elettive e complicità che superano le rigide differenze di classe: la figlia del marchese e il piccolo trovatello crescono sotto lo stesso tetto tra gli aromi della cucina e il sapere dei libri in una narrazione avvincente in cui si intrecciano realtà e invenzione.
INGRESSO GRATUITO – fino a esaurimento posti. Per informazioni: www.cedacsardegna.it
Viaggio nella storia d’Italia e della Sicilia con “Giuditta e il monsù”, il nuovo romanzo della scrittrice e giornalista Costanza DiQuattro (edito da Baldini + Castoldi 2021) che racconta le vite parallele di un piccolo trovatello e della figlia di un marchese, nati nello stesso giorno e cresciuti nella dimora di una antica casata: l’autrice dialogherà con la giornalista Serena Schiffini nell’incontro – organizzato in collaborazione con il Centro di Documentazione e Studi delle Donne di Cagliari – in programma lunedì 29 novembre alle 18 nella Sala Eleonora d’Arborea in via Falzarego n.35 a Cagliari sotto le insegne di Legger_ezza 2021, il progetto per la Promozione della Lettura – giunto alla terza edizione – firmato CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna.
Una trama avvincente ambientata tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento per un vivido affresco della società tra distinzioni di classe e di censo, nel contrasto tra l’austerità e i rigorosi principi di un’educazione in seno a una famiglia aristocratica e il fascino e gli aromi della cucina: fin da bambina Giuditta grazie all’amicizia e la confidenza con il coetaneo Fortunato, abbandonato davanti al portone, accolto e affidato al monsù – un cuoco privato o meglio uno chef che sovrintendeva alla preparazione dei cibi secondo un preciso menu – evade dalla dimensione aulica legata al suo rango e conosce e sperimenta la realtà dei due mondi.
“Giuditta e il monsù” è insieme opera di fantasia e frutto di una ricerca e un attento lavoro di studio e documentazione su usi e costumi dell’epoca per creare una cornice adeguata in cui far sbocciare, a dispetto di regole e convenzioni, la passione tra i due protagonisti – fino a quel momento compagni di giochi e “complici” nelle loro innocenti trasgressioni, come lo scambio di compiti di scuola e complicate ricette di pietanze tradizionali.
Nella scrittura di Costanza DiQuattro i segni e simboli della cultura materiale si amalgamano ai saperi e ai sapori di un’antica e raffinata arte culinaria, i fasti e i riti mondani, gli obblighi e oneri sociali inderogabili delle famiglie patrizie alle consuetudini della vita quotidiana e ai rapporti tra i nobili e la variegata folla di persone al loro servizio insieme alla descrizione accurata dei caratteri dei singoli personaggi, delle loro inclinazioni e delle ragioni del loro agire.
L’autrice tratteggia un animato microcosmo, in cui posizioni e ruoli appaiono ben definiti fin da subito, i diritti di nascita prevalgono sulle qualità individuali, finché l’imprevedibile arriva a sovvertire quel sistema plurisecolare e apparentemente immutabile, derivante da antichi privilegi e leggi feudali: l’amore è un ingrediente fondamentale della narrazione, capace di produrre inattese “rivoluzioni” e turbare la mente e il cuore dei protagonisti, superando l’invisibile confine tra la vita dei signori e quella dei domestici, in una vicenda con salde radici nel passato ma che guarda al futuro,
Giuditta appartiene alla stirpe dei Chiaromonte, giunti al seguito di Ruggero I d’Altavilla, rappresentanti di spicco della nobiltà nel Regno di Trinacria e nella vita politica dell’isola tra il XIII e il XIV secolo: «un casato molto importante in Sicilia, che si è estinto un po’ di tempo fa: ho scelto di proposito un nome che ricordasse i fasti di una nobiltà realmente esistita, ma che non fosse riconducibile a persone reali di oggi» – spiega Costanza DiQuattro in un’intervista a cura di di Ilaria Zaffino (Bonhams, London, UK) -.
«Parto sempre da un fondamento di verità: anche in questo caso si tratta di una storia vera, avvenuta però in altri tempi e in altri luoghi, che io ho contestualizzato in una cornice diversa. Lo sfortunato amore tra una nobile ragazza e il monsù della sua famiglia trae spunto da una storia che ho sentito raccontare e che poi ho romanzato a modo mio, del resto per quella nobiltà fare figli fuori dal matrimonio non era così assurdo».
Focus su un’eroina costretta a confrontarsi con le regole di una società patriarcale ancorata ad arcaici valori e alla preservazione del potere, per cui – noblesse oblige – gli eredi di stirpi aristocratiche e regali non potevano ardire di mescolarsi con genti di più bassa condizione, ma dovevano invece contrarre matrimoni “convenienti” e confacenti al loro rango. Figurarsi poi se a una giovane donna sarebbe stato concesso di diventare artefice del proprio destino o seguire i dettami o i capricci del cuore e i legami. «Chi mi conosce sostiene che mi sono riscritta in Giuditta: una donna testarda, che deve arrivare al fondo delle cose – rivela Costanza DiQuattro -. «Sicuramente ci sono in lei delle spigolosità del mio carattere, per fortuna io non ho vissuto tutta la sofferenza che è toccata a lei. Ma in lei mi sono rivista»
Costanza DiQuattro – ragusana, classe 1986 – dopo la laurea in Lettere moderne all’Università di Catania, ha intrapreso la carriera giornalistica, collaborando con Il Foglio e con alcune testate siciliane, parallelamente all’attività di scrittrice e alla direzione artistica del Teatro Donnafugata, dove organizza stagioni di prosa, musica classica e teatro per bambini, accanto a festival e mostre. Autrice di romanzi – “Donnafugata” e il recente “Giuditta e il monsù” e testi teatrali, come “Barbablù”, in tournée in Sardegna nell’interpretazione di Mario Incudine, ha pubblicato anche “La mia casa di Montalbano. La storia da romanzo della villa di Puntasecca, da Bufalino a Camilleri” in cui ricostruisce frammenti della sua infanzia nella casa diventata poi set per le avventure del Commissario Montalbano. «Teatro e scrittura sono le due mani di una stessa persona, li vedo molto in sintonia e sono due aspetti della mia vita che amo allo stesso modo» – dichiara Costanza DiQuattro -: «sono due mondi che ruotano intorno allo stesso obiettivo. Quando scrivo trovo l’ispirazione per il teatro e quando sono in teatro trovo l’ispirazione per scrivere».