Una carenza grave che nei territori ha esposto numerosi medici al rischio di contagio. In Sardegna sono diversi i medici deceduti per covid mentre prestavano la propria assistenza privi di dispositivi di protezione. Una situazione denunciata sulla stampa da medici della Rete Sarda e non solo, per cui non è giustificato tanto accanimento dell’Ats contro il dottor Sulis.
Con l’aziendalizzazione del sistema sanitario pubblico e la conseguente gestione privatistica, è stata imposta la “fedeltà aziendale” a tutto il personale sanitario.
“E’ proibito rilasciare dichiarazioni ai giornalisti e a chicchessia senza autorizzazione”, è la formula repressiva con cui i vertici della Sanità non solo ledono i diritti dei lavoratori alla libertà di opinione, di espressione e d’informazione, ma limitano la vigilanza sulla sicurezza dei malati e sul loro diritto ad un’assistenza di qualità, oltre che gratuita.
Il “bavaglio” al personale sanitario è ancora più grave di fronte allo smantellamento di tutto il sistema sanitario pubblico, da tempo in corso in Sardegna.
Ribadendo che la salute è un valore da tutelare e non una merce che deve produrre profitto, chiediamo ai vertici dell’Ats e all’assessorato della Sanità, un impegno per frenare la chiusura degli ospedali sardi, per ripristinare razionalmente i servizi, per assumere personale sanitario e per attribuire le titolarità di medicina di base ovunque carenti.