“Il tratto distintivo della nostra programmazione è da ricercare nell’organicità della proposta culturale, pensata e ideata, con i territori, come volano della valorizzazione dei diversi e peculiari patrimoni archeologici della Sardegna”, dice Rita Atzeri. Che sottolinea: “Gli spettacoli nei siti archeologici non sono certo stati un’invenzione del NurArcheoFestival, ma una programmazione capillare composta da tanti appuntamenti nelle diverse regioni geografiche della Sardegna, in sinergia con i territori e le associazioni locali, portata avanti senza interruzioni per undici anni consecutivi, credo sia una peculiarità che solo il NurArcheoFestival può vantare. Il NAF è luogo di conoscenze e incontro di culture e saperi diversi – spiega ancora Atzeri – dove le tematiche sarde si affiancano a temi classici e contemporanei proposti da compagnie del panorama nazionale con l’obiettivo di evidenziare gli elementi di connessione tra le culture del Mediterraneo. E, in tempi in cui il mare “divide” e diventa luogo di “respingimento”, sottolineare le comuni matrici e favorirne la conoscenza è un atto politico e poetico preciso e consapevole”.
Da Elena Bucci a Lucilla Giagnoni, da Iaia Forte ad Arianna Scommegna, a Laura Curino, da Gianluigi Tosto a Matteo Belli, a Paolo Panaro: questi solo alcuni degli ospiti – nomi di spicco della scena nazionale – del NurArcheoFestival 2019. Che propone tre produzioni originali, ideate a pensate ad hoc: il lavoro su Antigone di Arianna Scommegna; il primo studio di un testo di Sonia Antinori, interpretato da Iaia Forte e Rita Atzeri; il debutto nella scrittura teatrale di Giulia Balzano, archeologa del Museo dell’Ossidiana di Pau. E che presenta per la prima volta al pubblico sardo l’attrice Lidia Vitale, che darà vita a uno spettacolo dedicato ad Anna Magnani, e la cantautrice Rebi Rivale.
Un importante appuntamento di riflessione è rappresentato dalla tavola rotonda “Arcipelaghi del Mediterraneo. Isole come Beni Culturali”, che porterà il modello del NAF all’attenzione di realtà museali nazionali e internazionali. Altra novità è costituita dall’inserimento nel programma di un appuntamento letterario, “Incontro con l’autore”, per avvicinare anche un pubblico di non addetti ai lavori ai temi dell’archeologia.
NurArcheoFestival si lega non solo alla cultura ma anche alla coltura, in un disegno organico di saperi vitali che si fondono fra loro. E lo fa promuovendo una storia esemplare: quella dell’azienda Tela Fertile, nell’agro fra Villamar, Las Plassas e Tuili, nel cuore della Marmilla, dove Francesca Masala ha rilevato l’attività agricola del padre e oggi favorisce al suo interno il reinserimento sociale di persone dal vissuto difficile al termine di un percorso di recupero.
Al centro del NurArcheofestival, quindi, un cartellone particolarmente fitto, con ancora un mix fra cultura classica, attraverso la proposta di spettacoli dedicati al mito e all’epica, e quella più specificamente legata alla storia e alla tradizione letteraria sarda. “D’altra parte, la nostra rassegna – conclude Rita Atzeri – è nata con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio archeologico e per favorire una conoscenza profonda della nostra cultura materiale e immateriale. Nel corso degli anni abbiamo definito il NurArcheo come festival dal tempo lungo, perché gli appuntamenti che ne fanno parte prevedono solitamente, insieme agli spettacoli serali, le visite guidate ai siti o escursioni naturalistiche”.
NurArcheoFestival è organizzato da Il crogiuolo, su idea e progetto di Rita Atzeri, con il sostegno degli Assessorati del Turismo e della Cultura della Regione Autonoma della Sardegna, dei Comuni di Bitti, Goni, Gonnesa, Ilbono, Lanusei, Loceri, Portoscuso, Talana, Tortolì, Villagrande Strisaili, Villaverde, e con il contributo dell’associazione ArcheOlbia.
Il programma 2019
Dalla Necropoli di Montessu a Villaperuccio al complesso nuragico di Romanzesu a Bitti, dal Museo dei Menhir di Laconi e quello dell’Ossidiana di Pau ai nuraghi di Gonnesa, Isili, Tortolì, Villanovaforru, dall’area archeologica di Scerì a Ilbono ai siti di Lanusei e Villagrande Strisaili: ecco alcuni dei suggestivi palcoscenici che accoglieranno, dal 25 agosto al 13 settembre, l’edizione numero undici del NurArcheoFestival, dislocati fra Ogliastra, Sulcis Iglesiente, Nuorese, Marmilla, Oristanese.
Il via, dunque, domenica 25 al Nuraghe Serbissi di Osini: alle 19 va in scena ORALITÀ PASTORALE (N.2), performance di e con Monica Serra, consulenza sonora di Simon Balestrazzi
(produzione Micro Fratture Teatro, in collaborazione con La Cernita Teatro). Prima, alle 18, la visita guidata al sito a cura di ArcheoTaccu.
Si tratta del secondo step del progetto “Oralità pastorale”, piattaforma di sperimentazione sulla fisicità della voce nell’atto recitativo. Progetto che si articola attraverso la raccolta di materiali audio sul paesaggio sonoro, che riguardano la vocalizzazione utilizzata dall’uomo-pastore con le greggi. Una ricerca teatrale che mira alla scarnificazione verbale: fonemi, fischi, schiocchi di richiamo del bestiame, una comunicazione primaria ed essenziale nella sua complessità, scandita da sonorità e ritmi, lunghi silenzi e pause. Poi gli spostamenti durante la transumanza: l’umano che entra in stretta relazione col mondo animale attraverso un vero e proprio linguaggio vocale e gestuale codificato. Per il progetto, nato nel 2013, sono state effettuate tre registrazioni in Sardegna, in tre territori differenti, e una nel parco nazionale d’Abruzzo nel 2017.
Lunedì 26 agosto sarà la Tomba dei Giganti Seleni, a Lanusei, nel parco archeologico del bosco di Selene, a ospitare alle 19 THE SOUL OF OBJECT SOLO CONCERT, concerto della violinista sarda, spagnola d’adozione, Adele Madau (violino elettrico, loop station, oggetti amplificati). La compositrice e violinista cagliaritana esplora le possibilità sonore di vari oggetti quotidiani amplificandoli e rielaborandone il suono. Ogni oggetto ha una storia e un suono che evoca. Dall’ imaginario sonoro che scaturisce dall’anima degli oggetti e dalla loro interazione con il violino si sviluppano composizioni originali che spaziano dal rock alla musica minimale, dal flamenco alla samba, alla musica contemporanea. Si alternano parti strutturate e ampie parti improvvisate, dove il suono degli oggetti e le melodie del violino intrecciano curiosi contrappunti.
Adele Madau ha studiato violino, musica contemporanea e composizione jazz. Anche performer, ha suonato con musicisti come Lucio Dalla, Paolo Fresu, Bruno Tommaso, Rita Marcotulli, Enzo Favata.
Il concerto sarà preceduto alle 18 da una visita guidata all’area archeologica, curata dalla cooperativa La Nuova Luna.
Sempre il 26, ma a Olbia, new entry nel circuito del NAF, al Museum Civitatense – Basilica di San Simplicio sarà la volta, alle 21, di TUTTO L’AMORE DEL MONDO, con Gisella Vacca, attrice versatile, cantante (studi e laurea al Conservatorio di Cagliari), autrice, accompagnata da Renato Muggiri al pianoforte. Un recital – concerto dove il gelido vento del nord, nel suo lungo e incessante viaggio, attraversa, impetuoso, la Germania; raccoglie, in Kurdistan, il lamento di una giovane donna che attende inutilmente il ritorno del suo amore partigiano; si impregna, nel nord della Francia, di storie d’amore senza età, prima di vagare per l’America, da Nord a Sud, a spiare esseri umani feriti: i loro colpi di fulmine, i loro addii, i tradimenti, gli abbandoni. Sono amori che vanno e vengono, che si consumano flebilmente, o finiscono in un attimo, amori che dureranno per sempre e cederanno solo al passaggio della morte. Tutto mentre il vento viaggia, incessante, attraversa i secoli e le terre, porta canti d’ogni tempo e d’ogni luogo. Canti d’amore. Tutto l’amore del mondo, appunto.
Le visite guidate (8.30 – 17.30 / 20 – 21) sono curate dall’associazione culturale ArcheOlbia.
Il Nuraghe S’ortali e su monti, a Tortolì, accoglierà martedì 27 agosto, alle 20, VERGINE MADRE, di e con Lucilla Giagnoni, attrice di grande talento, formatasi alla Bottega di Vittorio Gassman a Firenze, sua città natale, dove ha incontrato e lavorato con altre personalità eccellenti come Jeanne Moreau (ha anche collaborato per diversi anni con il Teatro Settimo diretto da Gabriele Vacis).
E’ un tempo in cui “si scrostano ad una ad una le certezze: lavoro, futuro, democrazia. Gente che diventa sempre più ricca. Poveri, tanti poveri. Ignoranza”, scrive Lucilla Giagnoni. “C’è la guerra, lo scannamento, il terrore e poi l’angoscia sottile e quotidiana. Si uccidono i bambini. Qualcuno ricorda che in fondo la fine del mondo c’è già stata, per qualcuno invece sono i segni di un’apocalisse prossima ventura. Forse non resta che pregare”. E’ una sorta di premessa allo spettacolo, che si avvale della collaborazione ai testi di Marta Pastorino e delle musiche originali di Paolo Pizzimenti (produzione Fondazione TPE).
“Vergine Madre”, sei canti della Divina Commedia, probabilmente i più noti. Sei tappe di un pellegrinaggio nel mezzo del cammin di nostra vita: Il viaggio (il primo canto dell’Inferno), La Donna (Francesca, il V), l’Uomo (Ulisse, il XXVI), il Padre (Ugolino, il XXXIII), la Bambina (Piccarda, il III del Paradiso), la Madre (Vergine madre, il XXXIII del Paradiso). E’ la Commedia Umana di Dante. “Ma sono anche parole incantatorie, quelle della Divina Commedia, parole taumaturgiche, rituali. Eternamente ripetute come le preghiere”, dice ancora Giagnoni. “Dalla lettura dei canti scaturiscono storie. Il lato oscuro di Ulisse, l’aspetto meraviglioso e terribile del padre, la santità dei bambini, la lussuria di tutte le donne, la grandezza della madre… Un percorso ricco, sorprendente e, soprattutto, confortante. Come la preghiera. La poesia e l’arte sono una tregua per gli affanni degli uomini”. A cantare e raccontare queste storie è una donna. “Perché più spesso sono le donne a pronunciare, senza mediazioni, il desiderio di pace… E perché sicuramente l’anima ha una voce femminile”.
Alle 18.30 è in programma la visita guidata al nuraghe a cura delle coop. Irei.
Il 28 agosto, nel complesso templare di epoca nuragica S’Arcu e is Forros a Villagrande Strisaili, alle 19 ecco una novità del NurArcheoFestival 2019: Incontro con l’autore, un appuntamento letterario per parlare di Archeologia tra scienza e letteratura, nato per fare incontrare gli appassionati di archeologia, non addetti ai lavori, con studiosi, storici, archeologi, letterati che possano avvicinare le tematiche archeologiche anche ai non addetti ai lavori.
Paolo Littarru, ingegnere per l’ambiente e il territorio, cultore di archeologia e archeoastronomia e già autore e coautore di diverse pubblicazioni scientifiche, presenterà il libro “Il contadino che indicava la luna”: la vicenda di un contadino autodidatta, autore di un corpus di studi di archeoastronomia, basati sulla rilettura della struttura dei nuraghi, che sono stati validati in campo internazionale ma accolti con freddezza o addirittura ignorati a livello locale e relegati al rango di fantarcheologia. Mauro Peppino Zedda parlerà del suo “Archeoastronomia nella Sardegna preistorica”. Da sempre appassionato curioso della struttura dell’universo e della storia umana, Zedda ha cominciato a occuparsi di archeoastronomia alla fine degli anni Ottanta. Da allora ha studiato l’orientamento di nuraghi, tombe di giganti, dolmen, megaron, pozzi sacri, domus de janas in tutta l’Isola, tracciando una nuova lettura della civiltà nuragica. Antonio Piredda, insegnante di lunga esperienza, presenterà “Il silenzio dei giganti”, un romanzo storico basato su fatti accaduti in Sardegna nella seconda metà del VI sec. a.C.
La serata sarà preceduta, alle 17.30, da una visita guidata all’area a cura della cooperativa Irei, con accompagnamento musicale di una giovanissima organettista, appena dodicenne, Chiara Coccoda.
Sempre il 28, a Bitti, alle 19, nell’area archeologica di Romanzesu di nuovo in scena TUTTO L’AMORE DEL MONDO, con Gisella Vacca e Renato Muggiri al pianoforte (visita guidata al sito alle 17.30, a cura della coop. Istelai)
LE MILLE E UNA NOTTE: è lo spettacolo che il 29 agosto a Villanovaforru, alle 19, accenderà la sera al Nuraghe Genna Maria. Di e con Paolo Panaro (produzione Compagnia Diaghilev), bravo attore pugliese, allievo di Orazio Costa, con diverse importanti esperienze alle spalle (con Luca Ronconi, per esempio), “Le Mille e una Notte”, di autore anonimo, come è noto, narra le vicende del re di Persia e di Shahrazad. Il re, avendo scoperto che la moglie gli è infedele, la uccide e prende la tragica decisione di dividere il suo letto ogni notte con una donna diversa per poi ucciderla all’alba. L’orribile catena si spezzerà solo quando Shahrazad, per evitare quello stesso destino, userà lo stratagemma di raccontare al re una favola ogni notte. Shahrazad racconterà di un sarto che invita a cena un gobbo che muore però all’improvviso mentre sono a tavola. Il sarto per salvare la sua vita dall’accusa di omicidio racconta al re della Cina la storia di un giovane claudicante. Il giovane, a sua volta, racconta di come un invadente e molesto barbiere gli abbia rovinato la vita. Il barbiere, per discolparsi dalle accuse del giovane, racconta del tranello ordito da un perfido gruppo di donne ai danni di un suo fratello. Le storie vengono fuori le une dalle altre ma alla fine Shahrazad romperà il sigillo delle incastonature e il Libro delle Notti si chiuderà alle prime luci dell’alba.
Le narrazioni sceniche di Paolo Panaro – che ha già portato al NAF “Il racconto di Enea”, adattato dall’Eneide di Virgilio, e il “Viaggio di Ulisse”, da Omero, Ovidio, Plutarco – attingono al patrimonio dei capolavori della letteratura mondiale: un repertorio fatto di poemi, racconti, romanzi che hanno superato il vaglio dei secoli, giunti a noi con la potenza poetica ed espressiva che solo un classico può esprimere. Un lavoro concentrato sulla forza della parola che diventa suono, sulla poesia che prende corpo in scena, sulla capacità fascinatoria che essa ha sul pubblico, sul suo essere punto di arrivo e culmine della plurimillenaria storia del teatro e delle letterature occidentali. Le narrazioni di Panaro, da solo sotto i riflettori, senza l’ausilio di alcuna scenografia, vestito di un semplice abito neutro, sono il risultato di questo lungo viaggio nel mondo della letteratura di ieri e di oggi: dal racconto della guerra di Troia alla follia di Orlando, dalle Mille e una Notte, appunto, alle novelle del Boccaccio, dai più appassionanti romanzi russi dell’Ottocento fino all’immensa prosa della Recherche di Proust.
Alle 18 è prevista la visita guidata del nuraghe a cura dell coop. Turismo in Marmilla.
Ancora il 29, a Silius nella Casa Lecis, alle 22, VENTUNO, di e con Monica Porcedda (produzione La Cernita). L’attrice e regista, autrice di opere prodotte grazie alla raccolta di interviste e testimonianze sul filone della memoria e dell’immigrazione, propone un racconto ispirato al numero “ventuno”. Al quale, secondo le credenze popolari, sono collegate le azioni coraggiose, il mantenere le promesse e la parola data. E per uno strano segno del destino sono legate la vita di Lussorio, santo “arriscadu e balente” (intrepido e valoroso) a cui tutti gli abitanti di Oliena sono devoti, e quella di Giuseppe, che lascia il paese per inseguire un sogno proprio una sera del 21 di agosto, mentre tra gare di poesia, balli, canti, musiche e preghiere tutti festeggiano il santo.
Il 30 agosto Paolo Panaro porterà ancora in scena nella Necropoli di Montessu a Villaperuccio, alle 19, LE MILLE E UNA NOTTE. Alle 17.30 la visita guidata del sito archeologico a cura di Sistema Museo.
E il 30 a Goni, nel Parco archeologico di Pranu Mutteddu, considerato la Stonehenge sarda, a essere rappresentato, alle 19, sarà SA NOTTI DE IS JANAS, di Sabrina Barlini, con Isella Orchis, Marta Gessa, Laura Zedda, la danzatrice Rachele Montis e il fisarmonicista Andrea Puddu (produzione Il crogiuolo). Lo spettacolo sarà preceduto, alle 18, dalla visita guidata al sito a cura di ArcheoScavi.
Sa Notti de Is Janas, “una notte straordinaria in cui tutto può succedere. E può anche capitare di incontrare gli esseri che hanno abitato i nostri luoghi antichi in un tempo in cui tutto nella nostra isola era molto diverso”, scrive nelle note di presentazione Sabrina Barlini. “Una storia si srotola tra betili e rocce, dalle Domus de Janas, ci raggiunge riportandoci indietro. E, come per incanto, delle vesti bianche, delle presenze balzano da un passato lontano, testimoni di un tempo in cui gli uomini sapevano ancora vivere con le fate. Quel tempo in cui il suono dei loro telai riempiva boschi e campagne e produceva armonie capaci di vibrare con le stelle. In un tempo in cui tutto era divino, tutto così pieno di universo, capita talvolta che accada un prodigio…”.
La Tomba dei Giganti Sa Carcaredda, a Villagrande Strisaili, sarà il palcoscenico il 31 agosto, alle 20, per IQBAL, con Monica Porcedda, che cura anche la regia, e Daniele Pettinau (produzione La Cernita), liberamente ispirato al libro “Storia di Iqbal” di Francesco d’Adamo.
Utilizzando la chiave del teatro per ragazzi, due clown hanno una missione: raccontare ai bambini la storia di Iqbal Masih, il bambino pakistano diventato simbolo della lotta contro il lavoro infantile.
Il contesto giocoso creato dai due usa comicità e umorismo per narrare una storia importante, quella di un ragazzo che nella sua breve vita, grazie al suo impegno e al suo coraggio, è riuscito a liberare tremila bambini dalla schiavitù.
Iqbal Masih nacque nel 1983 a Muridke, una città pakistana in cui lo sfruttamento del lavoro minorile è la norma. A soli quattro anni inizia a lavorare in condizioni di schiavitù, dopo essere stato venduto dal padre al direttore di una fabbrica di tappeti, legato a un telaio per dodici ore al giorno. Iqbal non si arrende, cresce in lui il desiderio di libertà e riscatto, finché un giorno nel 1992, a soli 9 anni, riesce a scappare dalla fabbrica. Durante la fuga incontra per strada un gruppo di esponenti del “Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato” e in quell’occasione trova il coraggio di raccontare la propria storia, diventando così un simbolo della lotta contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Dopo alcuni anni, il 16 aprile del 1995, la domenica di Pasqua, mentre torna a casa in bicicletta viene assassinato da un sicario della mafia dei tappeti. Sotto la pressione internazionale il governo del Pakistan chiuse decine di fabbriche di tappeti gestite dalla mafia pakistana. La storia di Iqbal è stata raccontata anche in un film del 1998 diretto da Cinzia Th. Torrini. Alle 18 la visita guidata al sito a cura della coop. Irei.
Sabato 31 agosto nell’area di Su Nuraxi a Loceri andrà in scena, alle 20, DEINAS, di Clara Murtas, con Rita Atzeri, Manuela Ragusa, Gisella Vacca, Daniela Vitellaro, Marta Gessa, la danzatrice Giulia Cannas, il musicista Nicola Agus (produzione Il crogiuolo).
Una sintesi dei miti della Dea madre, dei miti classici greci e degli elementi loro espressione all’interno della cultura popolare sarda. Con il nome di Deinas la tradizione popolare dei paesi della Barbagia indica le indovine, alle quali attribuisce relazioni con il mondo occulto e quindi divino. E tra le isole mediterranee, la Sardegna, terra del mito della Grande Madre, è forse quella che ha conservato nel presente le tracce più profonde del sentimento di venerazione per il divino femminile. Le attrici si fanno narratrici e interpreti delle manifestazioni del femminile nella cultura mediterranea: si incontrano, si scontrano, utilizzando i testi dei miti della creazione, da quelli più antichi a sfondo materno a quelli olimpici e, ancora, ai miti archetipici della drammaturgia greca. Con toni a tratti ironici o tragici, spaziando dai classici greci alle tradizioni popolari sarde, raccontano le radici e i frutti di una cultura che dal dominio della Dea Madre passò a quello degli Dei dell’Olimpo in Grecia e al Sardus Pater in Sardegna.
Alle 18 la visita guidata al nuraghe.
L’INCOSCIENZA, è il titolo dello spettacolo che domenica 1 settembre, alle 21, occuperà pacificamente il Museo dei Menhir di Laconi. E’ un testo di Sonia Antinori, che vede protagoniste Iaia Forte, attrice intensa di teatro e cinema che non ha bisogno di presentazioni, e la padrona di casa Rita Atzeri (produzione Il crogiuolo). Antinori, attrice, regista e autrice teatrale viareggina, premiata in più occasioni per la sua attività drammaturgica, ha lavorato con registi come Carlo Cecchi, Roberto Guicciardini, Valter Malosti, Giorgio Pressburger, Serena Sinigaglia. I suoi testi sono tradotti nelle maggiori lingue europee e lei stessa ha tradotto alcuni dei più interessanti autori teatrali contemporanei, come Werner Schwab (la sua versione italiana di “Sterminio” ha ottenuto il Premio Ubu come migliore novità straniera).
L’incontro di due donne legate da una relazione sentimentale con lo stesso uomo, a cui una è stata unita per molti anni e che ora vive con la seconda in Italia, mentre la prima è rimasta all’estero nella casa dove aveva abitato con il marito. Un rapporto che, nonostante la pretesa regola sociale di tolleranza, è teso, violento e viscerale. Il contrasto di queste due figure, che ricalcano altrettanti archetipi femminili, è contrappuntato dalle voci del mondo, che le circondano e le possiedono fino a far coincidere la loro piccola guerra personale con il conflitto totale permanente dell’attualità. In un clima di minaccia costante, sottolineato da una trama sonora di rumori che sono parte integrante del tessuto drammaturgico, una vicenda agghiacciante in cui la realtà contemporanea prende il passo della tragedia classica e l’assurdo affianca e sfonda il quotidiano.
Alle 20 è in programma la visita guidata al Menhir Museum.
E sempre il primo settembre, a Tuili, alle 19, nell’Oliveto in bia Carros ancora VENTUNO, di e con Monica Porcedda. Alle 18 un laboratorio di ceramica a cura di Angela Zoccheddu.
Due giorni dopo, il 3 settembre, il Museo dei Menhir di Laconi accoglierà, alle 21, SANTA BÀRBERA – La Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze con suggestioni dal ciclo di affreschi di Lorenzo Lotto, di Laura Curino, una delle maggiori interpreti del teatro di narrazione a livello nazionale, capace di alternare nel suo repertorio testi di nuova drammaturgia e testi classici, e di Roberto Tarasco, regista affermato della nostra scena.
Lo spettacolo (produzione Teatro Donizetti di Bergamo e associazione culturale Muse), con la stessa Curino, a cura di Tarasco, narra una vicenda contenuta nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze – frate domenicano, arcivescovo di Genova, proclamato beato, autore di una raccolta medievale di biografie agiografiche – mettendola in rapporto al ciclo di affreschi di Lorenzo Lotto della Cappella Suardi di Trescore Balneario (Bergamo).
Santa Bàrbera è una ragazza d’oriente, di grande bellezza, che il padre Dioscoro rinchiude in una torre per scoraggiare la sua voglia di indipendenza. Quando Dioscoro scopre che è seguace di Jesus fa per ucciderla, ma Bàrbera viene miracolosamente allontanata fuori dalla sua portata. Allora il padre la denuncia alle autorità che la sottopongono a tortura. Bàrbera rifiuta di rinunciare ai suoi ideali, i giudici ordinano al padre di ucciderla di persona: Dioscoro è immediatamente colpito da un fulmine e ridotto in cenere. Questa leggenda compare per la prima volta nel VII secolo e a quanto pare fu scritta come racconto religioso di fantasia. Dal IX secolo in poi il culto di Santa Barbera si diffuse moltissimo: a causa della sorte di suo padre la santa fu invocata contro il pericolo dei fulmini e, per estensione, divenne poi la patrona delle compagnie di artiglieria. Lo spettacolo è dedicato a tutte le donne uccise da mano creduta amica.
Alle 20 le visite guidate al Menhir Museum.
L’area archeologica di S’arcu e is forros a Villagrande Strisaili sarà palcoscenico, il 4 settembre alle 20, per AH, AH, AH!!!, recital comico di e con Matteo Belli, grande affabulatore sulle orme di Dario Fo. Un omaggio proprio alla tradizione affabulatoria del teatro comico, articolato in quattro brani che riflettono altrettanti modi di raccontare l’umorismo: una favola classica narrata secondo il filtro obiettivo dell’ironia e del disincanto, una barzelletta popolare sviluppata in forma di monologo corale, un capolavoro di affabulazione comica come il pezzo sulle guerre stellari di Walter Chiari e, infine, un brano originale dello stesso Belli, dedicato alla tecnica universale del grammelot.
L’attore e autore bolognese si confronta con un genere nobile ed estremamente popolare, che vanta un illustre passato prossimo e remoto, ma che non sempre riesce a riaffiorare nelle strettoie dei palinsesti televisivi. Quella che si cerca di restituire è l’antica sapienza dell’intrattenimento d’attore, riattualizzandolo secondo un piacere narrativo che parli direttamente allo spettatore contemporaneo. Belli utilizza il linguaggio corporeo, quello vocale, una grande varietà di timbri sonori, la capacità sinfonica di rappresentare un’orchestra rutilante di personaggi e situazioni, senza mai dimenticare che non c’è nulla di più serio della risata, intesa come costruzione rigorosa e appassionata di un tessuto narrativo fatto di azioni, parole, sonorità.
Alle 18.30 è prevista la visita guidata al sito archeologico a cura della coop. Irei.
Matteo Belli sarà in scena con AH,AH, AH!!! anche il giorno dopo, il 5, a Talana, alle 20 in Località Coa ‘e Serra (sotto i ponti romani). Allo spettacolo seguirà una degustazione di prodotti tipici.
Il 5 settembre approda al NurArcheoFestival Arianna Scommegna, attrice di grande talento e spessore, che ha ottenuto importanti riconoscimenti come i premi “Hystrio” e “Ubu” ed è stata diretta da registi come Gabriele Vacis e Serena Sinigaglia. Sarà a Bosa, altra new entry nel circuito del NAF, al Convento dei Cappuccini, dove alle 20 proporrà un lavoro pensato appositamente per il festival: NON SONO NATA PER CONDIVIDERE ODIO – La voce di Antigone da Sofocle ai nostri giorni, di cui Scommegna ha scritto la drammaturgia con Maddalena Giovannelli e dove l’attrice milanese sarà accompagnata da Massimo Marcone al pianoforte, con le musiche originali di Mell Morcone.
Rivoluzionaria, santa, terrorista: Antigone, più ancora di ogni altro personaggio del mito greco, è stata rappresentata e reinterpretata nei modi più diversi. Figlia del rapporto incestuoso fra Edipo, re di Tebe, e sua madre Giocasta, sorella di Ismene, Eteocle e Polinice, la sua forza nell’opporsi alle ingiustizie del potere è stata letta come un simbolo di resistenza e coraggio per tutta la tradizione occidentale (Antigone, per garantire una onorevole sepoltura negata al fratello Polinice, sfidò le leggi di Creonte, divenuto re di Tebe, e venne condannata a morte, murata viva in una tomba). Ma il suo totale rifiuto per i compromessi e la sua intransigenza la rendono, per altri versi, un personaggio poco simpatetico. La coesistenza di questi due poli continua ad accendere pensiero e dibattiti: e proprio questo è il punto di partenza per l’attraversamento sulla figura di Antigone. Il risultato è una drammaturgia per attrice sola, che dialoga con Sofocle ma attinge anche ad alcune delle riscritture più dense del Novecento (Hasenclever, Cocteau, Yourcenar, Morante, Zambrano). La ricerca sulle risonanze del mito approda fino a oggi, nelle parole di un’Antigone contemporanea che non ha esitato ad andare incontro alla morte pur di prendere la parola a tutela dei diritti umani: Anna Politkovskaja.
Serata densa quella di venerdì 6 settembre. Ben quattro gli appuntamenti. Si prosegue sul filo del giorno precedente: al Nuraghe Is Paras di Isili, alle 19, ecco ANTIGONE. SOLO – Letture in frammenti intorno al mito di Antigone, di e con Elena Bucci, attrice di spicco del nostro panorama teatrale (cura e drammaturgia del suono Raffaele Bassetti, assistente Nicoletta Fabbri, produzione Le Belle Bandiere).
Elena Bucci insegue il mito di Antigone “attraverso il tempo, leggendo le parole di pietra di Sofocle, attraversando gli incubi quasi contemporanei di Anouilh e Brecht per ritornare, in una danza a cerchio, ai testi più antichi che ancora emanano il mistero e il fascino di un teatro parlato, cantato, danzato che riusciva a celebrare un rito di trasformazione del dolore in energia collettiva”.
Anche regista e autrice, la Bucci ha fatto parte della compagnia di Leo de Berardinis partecipando a molti spettacoli, da Re Lear ad Amleto, da Totò Principe di Danimarca, I Giganti della montagna a Il ritorno di Scaramouche. Ha fondato con Marco Sgrosso la compagnia Le Belle Bandiere, per la quale crea progetti e spettacoli spaziando da scritture originali a drammaturgie classiche e contemporanee, da commistioni tra diversi codici artistici a eventi per il recupero di spazi dimenticati. Ha ottenuto diversi prestigiosi riconoscimenti, come il Premio Hystrio-ANCT 2017, il Premio Eleonora Duse 2016, il Premio Ubu 2016 come migliore attrice protagonista (per i progetti da lei creati), il Premio Ubu 2000 come non protagonista e per la compagnia il Premio ETI Olimpici del Teatro 2007. Ha lavorato, tra gli altri, con Valter Malosti (Il giardino dei ciliegi), Mario Martone (Edipo a Colono), Claudio Morganti (Riccardo III), e nel cinema con Pappi Corsicato e Luca Guadagnino. E’ stata docente all’Università di Bologna e alla Scuola Paolo Grassi di Milano.
Lo spettacolo sarà preceduto alle 18 dalla visita guidata al nuraghe curata della coop. Sa Frontissa.
A Seui, alle 19, alla Tomba dei Giganti Anulù in scena SAS COMARES LUVULESAS, con Maria Giovanna Sotgia, Elena Musio (che cura anche testo e regia), Teresa Loi e Rosa Beccu (produzione Ilos Teatro).
Nello spettacolo, tutto in limba, le storie raccontate traggono spunto, oltre che da una serie di ricordi d’infanzia delle attrici in scena, dalla tradizione popolare dei ”Contos de foghile”, propri della cultura sarda. Il tempo è quello in cui il focolare domestico non era stato ancora soppiantato dalla TV, e la famiglia si riuniva per sentire le storie, in genere raccontate dai più anziani del gruppo, che parlavano di tempi lontani, assumendo una dimensione quasi epica. Storie che, in genere, si riferivano a personaggi realmente esistiti e a fatti accaduti, ma che con il passare degli anni assumevano una dimensione fantastica. Storie che avevano sia una funzione di intrattenimento, che educativa, e che si tramandavano oralmente, e spesso amplificate, di generazione in generazione.
Alle 18 la visita guidata al sito.
L’area archeologica di Scerì, a Ilbono, accoglierà alle 19 LA CAPRETTA DI MARIA, produzione di teatro per l’infanzia del Crogiuolo. L’ideazione, l’elaborazione drammaturgica e la regia sono di Rita Atzeri; Marta Gessa, Antonio Luciano, Daniela Vitellaro, con la danzatrice Giulia Cannas, gli interpreti.
“La capretta di Maria” è uno spettacolo pensato per parlare ai più piccoli dell’opera di Maria Lai e permettere loro di fare un viaggio alla scoperta del valore e dei significati dell’arte nella nostra vita”, spiega Rita Atzeri. Che aggiunge: “In questo percorso poetico abbiamo fuso alcuni elementi biografici della vita di Maria con la narrazione di alcune fiabe da lei rivisitate. Abbiamo immaginato che la nostra ‘scatola teatrale’, privata dei neri e resa bianca per l’occasione, fosse un teatrino con il quale la stessa Maria, bambina, gioca a far prendere forma alle immagini del suo sguardo che trasforma la realtà”.
Lo spettacolo, fatto di sogni e visioni, si apre con Maria Lai bambina, che descrive la nascita in lei del pensiero artistico con l’immagine di un pettine che vela il suo occhio destro di capelli ribelli: un’azione che si specchia nei gesti simmetrici delle attrici in scena. Da qui si dipana, con il tessuto metaforico della danza, che simboleggia l’arte, la narrazione delle fiabe “La capretta”, “Cuore mio”, “Il dio distratto”.
Alle 17.30 è in programma la visita guidata al sito a cura della coop. Irei.
Al Nuraghe Seruci di Gonnesa, alle 21, Matteo Belli ripropone il suo AH, AH, AH!!! (visita guidata al tramonto; per info e pronotazioni: 392 7503176).
LA VEDOVA SCALZA, da Salvatore Niffoi, è lo spettacolo che sbarcherà il 7 settembre a Villaverde, alle 19, nel villaggio nuragico di Brunku ‘e S’omu. Con Carla Orrù protagonista e la regia di Virginia Siriu (produzione Theandric), la messa in scena, tratta dall’omonimo romanzo di Niffoi, vincitore del Premio Campiello 2006, accompagna gli spettatori lungo un percorso catartico che dalla cieca violenza sfocia nel suo rifiuto. La vendetta, la sopraffazione, l’onore da lavare col sangue sono gli ingombranti concetti che vengono messi in dubbio.
Siamo nella Barbagia degli anni ’30, popolata di piccoli paesi in cui la vita è regolata dai podestà fascisti e dalle leggi non scritte della società tradizionale. La violenza è ovunque: nello strapotere fascista, nelle angherie delle forze dell’ordine, nel sistema di usi e consuetudini che fossilizza i membri della società in una serie di ruoli prescritti e azioni comandate. La donna ne fa parte in quanto essere quasi annichilito: dedita alla vita rurale, è destinata solo alla preghiera e alla procreazione. La protagonista, Mintonia, appare da subito come il personaggio adatto a rompere questo circolo vizioso: al contrario delle donne del suo paese, si istruisce, legge Grazia Deledda e Tolstoj, è recalcitrante all’idea di subire dei soprusi. Sceglie da sé il proprio marito, Micheddu, a dispetto della contrarietà dell’intero paese che lo guarda con sdegno a causa del suo carattere ribelle. Micheddu, come Mintonia, non ama sottomettersi al potere, e presto finisce nel mirino del
brigadier Centini. Il concatenarsi degli eventi costringe Micheddu alla latitanza. Infine, verrà ucciso in modo crudele. Rimasta sola con un figlio da crescere, Mintonia brucia dal desiderio di vendicarsi uccidendo il mandante, Centini. Riesce a introdursi nella casa del brigadiere e, dopo averlo sedotto, lo accoltella a morte. Subito dopo, scappa in Argentina. Ma la violenza non trionfa. Mintonia, seppur colpevole, diventa il motore del cambiamento: accortasi di essere rimasta incinta di Centini, decide di tenere il bambino. Cresce dunque i suoi due figli, l’uno del marito vendicato, l’altro del mandante ucciso, come fratelli. La vendetta non ha più senso, il peso del rimorso è un
prezzo troppo caro da pagare: il perdono rappresenta l’unica via di fuga dalla spirale di sangue. Mintonia si sporca le mani di sangue, ma si redime, dando la vita dopo averla levata. È una dispensatrice di morte che alla fine si converte alla vita.
La serata del 7 riserva ancora una “chicca”: a Portoscuso, alle 22, nell’Antica Tonnara di Su Pranu, approda ENEIDE, da Virgilio, di e con Gianluigi Tosto, attore allievo di Orazio Costa, con all’attivo molte esperienze e collaborazioni importanti (ha studiato anche danza moderna), che da diversi anni ha orientato il suo lavoro verso la narrazione e la recitazione poetica, ponendo molta attenzione alla musicalità del verso e della parola e alla loro relazione con la musica arcaica strumentale. In questo contesto rientrano gli spettacoli sui poemi omerici, Iliade e Odissea (già rappresentati con successo al NAF), e sul poema virgiliano (la traduzione utilizzata è quella di Enzo Cetrangolo), che costituiscono la trilogia “Il Canto e la Memoria”.
“Tutt’altra cultura e tutt’altra società hanno generato il poema di Virgilio – scrive Gianluigi Tosto – anche se il tentativo di replicare in versione latina alcuni modelli narrativi di Omero è del tutto evidente. Ma gli episodi migliori del poeta di Mantova sono proprio quelli meno raffrontabili con il modello greco, quelli che scaturiscono in maniera del tutto originale dalla sensibilità sua e dell’epoca più moderna che egli incarna… I personaggi favoriti di Virgilio sembrano essere decisamente i perdenti, quelli destinati a un tragico epilogo. Ecco allora emergere in maniera potente la figura della regina Didone, o quella del principe rutulo Turno, entrambi vittime di un Fato che li condanna fin dall’inizio della storia. Oppure assistiamo al commovente episodio di Eurialo e Niso, condannati dalla loro giovane esuberanza e da una amicizia che non si ferma neppure davanti alla morte. Nonostante l’evidente intento celebrativo dell’opera, lo stesso Enea ci colpisce non tanto nelle scene in cui viene celebrata la sua eroicità, quanto in quelle in cui viene mostrata la sua fragilità umana, come nella sua narrazione della caduta di Troia, o nell’imbarazzo della sua fuga da Didone… Alla delicatezza dei suoni dei cimbali, delle piccole campane e di alcune leggere percussioni, adatti alla dimensione interiore e notturna della prima parte dello spettacolo, si contrappone il suono metallico, netto e spietato di due grandi gong nella parte centrale, che evocano e sostengono la presenza degli dèi. Per lasciare poi il posto ai suoni di guerra del grande tamburo sciamanico tibetano, che si alternano ai fruscii della notte e delle profondità dell’animo (sonagli e corde) negli episodi di Eurialo e Niso e della morte di Turno”.
Martedì 10 settembre, alle 19, al Nuraghe Arrubiu di Orroli troverà uno scenario quanto mai suggestivo SOLO ANNA, di Franco D’Alessandro, con Lidia Vitale, attrice poliedrica con una carriera ventennale alle spalle tra cinema, teatro e televisione, e la regia di Eva Minemar, che vive e lavora tra New York e Los Angeles, ed è membro a vita dell’Actor’s Studio.
Lidia Vitale è Anna Magnani: senza un palcoscenico, interagendo tanto con lo spazio che con gli spettatori, dona corpo ed essenza ad undici momenti significativi, altrettanti colloqui ideali, componendo un ritratto pubblico e privato dell’icona del cinema neorealista italiano. I gioielli di scena fanno parte dei costumi di scena dell’attrice Anna Magnani in America e sono stati donati a Lidia Vitale dalla produttrice Rose Ganguzza. Il testo rivela i tratti più intimi e affascinanti non solo della sua vita, tumultuosa dentro e fuori la scena, ma anche della sua straordinaria carriera di artista riconosciuta a livello internazionale: è stata la prima attrice non americana a vincere un Premio Oscar. L’autore, in questo lavoro esplora gli aspetti drammatici, divertenti e allo stesso tempo toccanti della donna e dell’artista: dal fallimento del primo matrimonio, alla sua storia con Massimo Serato da cui ha avuto il suo unico e amatissimo figlio, al grande amore con Roberto Rossellini, con cui ha condiviso vita e arte.
Anna Magnani, vissuta a cavallo tra gli anni Trenta e Settanta, ha combattuto per tutta la vita: per ottenere gli stessi diritti lavorativi degli uomini, per imporre un’immagine di donna diversa, per ottenere la patria potestà del figlio, Luca; ma soprattutto ha combattuto per restare fedele a se stessa e alla propria arte, in cui l’attrice-Magnani non può prescindere dalla donna-Anna.
“Solo Anna” è stato rappresentato per la prima volta all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, molte, poi, le tappe in Italia e all’estero (New York e Cleveland, fra le altre). Lidia Vitale per questa interpretazione ha vinto il Premio Anna Magnani nel 2012 e il Premio Enriquez nel 2013.
Alle 18 la visita guidata al Nuraghe Arrubiu a cura della coop. Is Janas.
Arcipelaghi del Mediterraneo. Isole come Beni Culturali: questo il momento di approfondimento e riflessione del NAF 2019, una tavola rotonda che il 12 settembre verrà ospitata, alle 17, nel Museo dell’Ossidiana di Pau. Relatori saranno Carlo Lugliè, direttore del Museo dell’Ossidiana; Rosario Vilardo, direttore del Museo Archeologico Regionale Eoliano Bernabò Brea di Lipari (ME); Flavia Grita, referente dell’Associazione NESOS – Trekking e Natura di Lipari; Michel Delaugerre, del Conservatoire du littoral Corse. Un’occasione, la tavola rotonda, per favorire l’incontro e il confronto tra chi opera nelle isole del Mediterraneo per la valorizzazione del patrimonio storico e archeologico dei propri luoghi. Il NurArcheoFestival vuole proporsi come modello di messa in rete di luoghi e di professionalità, con l’obiettivo di accrescere la reciproca conoscenza e di generare o potenziare un sistema di relazioni capace di valorizzare il patrimonio artistico e culturale delle isole coinvolte.
A seguire, alle 21, il Museo dell’Ossidiana di Pau ospita la messa in scena in anteprima del reading teatrale e musicale ORIZZONTE, dedicato proprio al tema dell’ossidiana, scritto da Giulia Balzano (archeologa, responsabile dei servizi educativi del Museo), con la partecipazione di Rita Atzeri e della cantautrice friulana Rebi Rivale, formatasi al C.E.T. di Toscolano Umbro, la scuola fondata e diretta da Mogol. Un esperimento di scrittura per voce sola, dove si intrecciano, tra le altre, la voce di un’isola, della sua pietra nera che brilla e si fa rovente sotto il sole, e di una donna che un giorno sceglie il mare. La donna che sceglie l’acqua sa che partire è il gesto non previsto. Aspettare è ciò che le viene chiesto: saper attendere un ritorno, con gli occhi puntati all’orizzonte marino, o una risposta, dalla bocca di chi decide per lei. La donna dell’isola sa che partire è passo definitivo, ed è passo che tradisce, pertanto sarà punito. La donna dell’isola lascia all’isola tutto ciò che ha di più prezioso: lascia un nome, lascia una figlia, e lascia gli occhi di una madre. Lascia ciò che è stato, e ciò che potrà essere. Ogni cosa lasciata sarà perduta, nessun ritorno sarà immaginabile, perché nessuno sguardo sarà disposto più a riconoscerla. La donna d’isola perde la terra per l’acqua, perde la casa per la possibilità e la scelta dell’andare. Mette nella sacca intrecciata che tiene con sé, aderente al corpo, solo un pezzo tagliante della pietra nera. Lo stesso con cui sua madre recise tra di loro, un giorno, il laccio ombelicale.
Il sipario sul ricco e fitto cartellone dell’XI edizione del NurArcheoFestival calerà venerdì 13 settembre, quando a Ilbono, nell’area archeologica di Scerì, verrà rappresentato alle 19 SU CONNOTTU, un classico del teatro sardo, scritto nel 1972 dal poeta, romanziere, drammaturgo nuorese Romano Ruju e portato in scena per oltre 300 recite dalla cooperativa Teatro di Sardegna. A qualcuno il nome di Pasqua Selis Zau, nota Paskedda Zau, non dirà nulla. Eppure è lei la popolana nuorese, madre, vedova, di dieci figli, che il 26 aprile del 1868 scatenò la sommossa popolare contro gli effetti della Legge delle Chiudende (il provvedimento legislativo emanato nel 1820 durante la dominazione sabauda in Sardegna, che autorizzava la recinzione dei terreni fino ad allora considerati, per tradizione, di proprietà collettiva, introducendo di fatto la proprietà privata), quando contadini e pastori protestarono contro la volontà del Consiglio Comunale di Nuoro di voler privatizzare le terre pubbliche. Quella rivolta è passata alla storia come “Su Connottu”, dal grido levato da Paskedda, “A su connottu, torramus a su connottu!”, al “conosciuto”, alla consuetudine. Nell’opera di Ruju, poi arricchita dalle ballate di Francesco Masala e riscritta per la scena dal regista Gianfranco Mazzoni, la narrazione è affidata principalmente agli uomini. Nel racconto al femminile pensato dal Crogiuolo a dare lettura del testo tratto da Ruju, Masala, Mazzoni, adattato, saranno Rita Atzeri, Maria Grazia Bodio, Isella Orchis, due attrici storiche del Teatro di Sardegna, e Gisella Vacca: “Un tentativo, senza stravolgere i contenuti della narrazione, di riportare equilibrio alla vicenda, almeno sul piano interpretativo delle voci in scena”, specifica Atzeri.
Alle 17.30 la visita guidata all’area archeologica a cura della coop. Irei.