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Alla serata culturale, magistralmente condotta e coordinata dal giornalista terralbese Gianfranco Corda, oltre ai rappresentanti delle numerose e importanti associazioni culturali di Terralba, erano presenti anche il sindaco Sandro Pili, l’Assessore regionale all’Ambiente Gianni Lampis e il consigliere regionale Emanuele Cera, che hanno avuto entusiastiche parole di elogio per la magnifica serata.
L’autore, ha voluto dedicare il libro al suo Vescovo Roberto, che nel corso della serata, ha avuto parole lusinghiera per Terralba, sottolineando che “questa cittadina è una delle più popolose della Diocesi. Sono stato qui, per la prima volta tanti anni fa e ci sono tornato volentieri per la mia ultima visita pastorale, un compito primario per un vescovo che vuole stare con la sua gente, ascoltare il suo popolo e camminare insieme sulle vie del Signore. Terralba ha una storia ecclesiale importante – ha continuato il presule – e con l’antica cattedrale, ci ricorda tutta la sua passata magnificenza”.
Anche Anna Maria Melis, ormai storica presentatrice dei libri di Eliseo Lilliu, ha sottolineato come siano state messe insieme una serie di notizie che riguardano l’antica sede vescovile di Terralba, partendo dalla fine della dominazione bizantina in Sardegna, oltre che sulla situazione religiosa del tempo e ha esordito affermando “è molto significativa la presentazione del libro di don Eliseo Lilliu, proprio in occasione della visita pastorale del Vescovo Roberto, dove si parla soprattutto della transizione dalla Chiesa bizantina a quella cattolica”.
Nella sua opera, il Lilliu esordisce sottolineando che le sedi vescovili nei secoli X e XI, erano diciotto, così suddivise: quattro nel Giudicato di Cagliari (Karales, con sede arcivescovile a Santa Gilla), Sulcis, con sede vescovile a Tratalias e Dolia, (con sede vescovile a Dolia); otto erano nel Giudicato di Torres, con sede arcivescovile a Sassari e comprendeva anche le sedi vescovili di Castra, Ampurias, Plovaca, con sede vescovile a Ploaghe, Bisarchium, Sorres, Bosa e Ottana; quattro erano nel Giudicato di Arborea con sede arcivescovile ad Oristano, che comprendeva Santa Justa, Usellus e Terralba; Infine due nel Giudicato di Gallura (Civita) e sedi vescovili a Tempio e Galtelì.
Quindi, passa ad analizzare a fondo il periodo, che era ancora vistosamente influenzato dalle tradizioni lasciate dalla Chiesa bizantina, e attraverso le varie vicissitudini che interessarono tutta la Sardegna con le incursioni arabe, arriva sino ai nuovi rapporti tra la Chiesa romana e la nostra Isola.
L’autore analizza anche le vicissitudini e la situazione storica, culturale e tradizionale, dell’arco di tempo che portarono ai cambiamenti avvenuti col passaggio dell’influenza dalla Chiesa bizantina a quella romana e ipotizza anche che il primo Vescovo della Diocesi di Ales – Terralba, non si chiamasse Francesco, anche se la tradizione lo individua con tale nome e attraverso una rara documentazione fotografica, illustra come doveva essere questa prima chiesa terralbese e mostra gli ultimi reperti che si sono salvati dalla completa distruzione. Insomma, un lavoro scrupoloso e attento, che anche l’editore del libro elogia, affermando che “Eliseo Lilliu, attraverso questa sua quarantasettesima speciale pubblicazione, affronta una specifica ricerca con uno studio mirato, per ipotizzare come fosse strutturata l’antica Chiesa bizantina di Santa Maria a Terralba, oramai ridotta a pochi miseri ruderi, inglobati oltre che nell’oratorio di Sant’Antonio, anche in una privata abitazione. Don Eliseo, sensibile studioso e storico del suo territorio, e non solo, mira a ricostruire la possibile struttura architettonica e analizza i particolari che la caratterizzarono, al fine di documentarla e richiamarla alla memoria della sua straordinaria «città», qual è stata ed è tutt’oggi la bella Terralba”.
A conclusione della sua opera, il Lilliu esprime un grande rammarico per la perdita e il declino di questa chiesa, che nel 1800 fu donata ad un privato che la trasformò in un mulino, mentre l’abitazione del vescovo, fu venduta alla famiglia del magistrato Francesco Cocco, che morì assassinato dalle Brigate Rosse a Genova.
Gian Piero Pinna