“Da dove arrivano le bombe?” del Cada Die Teatro domenica 1 dicembre alle 19 al Teatro Massimo di Cagliari (lunedì 2 e martedì 3 dicembre le matinées per le scuole)
Viaggio nella Storia del Novecento con “Da dove arrivano le bombe?” del Cada Die Teatro, uno spettacolo liberamente tratto dall’opera di Emilio Lussu e dai racconti delle bambine e dei bambini del ’43, con drammaturgia di Alessandro Lay e Pierpaolo Piludu (collaborazione alla drammaturgia di Lara Farci e Alessandro Mascia), nell’interpretazione di Lara Farci, Alessandro Mascia e Pierpaolo Piludu, con disegno luci e videoproiezioni di Giovanni Schirru e sonorizzazione di Matteo Sanna, per la regia di Alessandro Lay in cartellone domenica 1 dicembre alle 19 al Teatro Massimo di Cagliari (con un duplice appuntamento lunedì 2 e martedì 3 dicembre alle 11 con le matinées per le scuole) sotto le insegne del CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna.
Una pièce multimediale in cui le parole dell’autore di “Marcia su Roma e dintorni” e “Un anno sull’Altipiano” che descrive con amara ironia l’avvento del fascismo nella temperie politica, economica e culturale dell’Italia (e dell’Europa) all’inizio del ventesimo secolo, dopo la fine della Grande Guerra, rappresentano quasi un “prologo” agli eventi che nei decenni successivi porteranno fino allo scoppio del conflitto e all’entrata in guerra dell’Italia: dal febbraio al maggio del 1943 la Sardegna diverrà teatro di bombardamenti su luoghi “strategici” come porti e aeroporti ma anche sulle città. Cagliari è stata duramente colpita e ridotta a un cumulo di macerie dalle micidiali incursioni aeree, con centinaia di morti e feriti, tra cui donne e bambini: tutta la ferocia e l’assurdità della guerra affiora nelle testimonianze dei sopravvissuti, specialmente attraverso lo sguardo dei più piccoli, innocenti spettatori e vittime inconsapevoli e indifese di un massacro dove le ragioni tattiche prevalgono sull’umanità.
“Da dove arrivano le bombe?” suona quasi come una curiosità infantile ma è invece una domanda cruciale, un invito a interrogarsi sull’origine dei conflitti e sulle devastazioni e le stragi provocate dalle guerre di ieri e di oggi: l’antico “gioco delle armi” sembra non aver perduto il suo fascino e schiere di nemici continuano a affrontarsi nelle varie regioni del globo, mietendo vittime specialmente tra le popolazioni inermi. Fin da epoche remote le gesta di grandi condottieri e valorosi guerrieri sono state cantate dai poeti, dai poemi omerici ai cicli epico-cavallereschi del Medioevo fino all’“Orlando Furioso” e hanno ispirato scrittori e drammaturghi, dalle cronache del “De Bello Gallico” di Giulio Cesare alle opere teatrali, da William Shakespeare a Bertolt Brecht, fino a Ágota Kristóf, per non dire delle “conquiste” interplanetarie nei romanzi di fantascienza. La guerra è un tema ricorrente, fa parte dell’immaginario collettivo e sembra rappresentare il modo più diffuso di “risolvere” le controversie attraverso l’uso della forza, con strumenti sempre più perfezionati, all’avanguardia della scienza e della tecnica, per rendere più efficiente la fabbrica della morte.
Ultimo capitolo di una narrazione corale, “Da dove arrivano le bombe?” si inserisce nel progetto del Cada Die Teatro, in collaborazione con l’Università di Cagliari e l’Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna, per ricordare le vittime e custodire la memoria dei bombardamenti sull’Isola durante la seconda guerra mondiale, attraverso un attento lavoro di documentazione e ricerca attraverso testimonianze e interviste, con la creazione di un video-archivio con i racconti dei testimoni e la realizzazione di un documentario prodotto dalla RAI, da cui hanno preso forma spettacoli come “Cagliari 1943:la guerra dentro casa”, una coproduzione del Cada Die Teatro con la Scuola di Arti Sceniche “La Vetreria”, “Famiglia Puddu” di e con Pierpaolo Piludu e “Cielo Nero”, un monologo, scritto insieme con Francesco Niccolini, sulle vicende di due fratelli inestricabilmente legate alla Storia.
“Da dove arrivano le bombe?” porta in scena «la grande storia, ovvero l’avvento del fascismo narrato con furore e sarcasmo da Emilio Lussu… e le piccole (grandi) storie di chi ha vissuto in prima persona la tragedia delle bombe su Cagliari del 1943, di chi in quegli anni era ancora bambino, di chi ha visto con i suoi occhi l’intera città letteralmente rasa al suolo dai B/17, le “fortezze volanti” americane». Una narrazione che riunisce simbolicamente cause e effetti, il contesto in cui è iniziata, con l’invasione della Polonia da parte delle armate del Terzo Reich e poi esplosa con il coinvolgimento delle forze anglo-francesi la seconda guerra mondiale, fino all’intervento dell’Italia e la pioggia di ordigni su Cagliari e sulla Sardegna. Sullo sfondo le immagini del capoluogo, i “rifugi” tra cui le grotte nei Giardini Pubblici e la cripta di Santa Restituta, le acque del porto in fiamme, con la visione tragica di «una città che da un momento all’altro scompare: dove un attimo prima c’erano le case ora c’è il vuoto, restano i calcinacci e le macerie sul suolo, solo qualche pezzo di muro ancora spunta da terra, come un dente cariato in una bocca malata…».
«Le bombe sono sempre le stesse, non cambiano, in qualunque epoca, che siano ‘intelligenti’ o meno» – affermano gli autori Alessandro Lay e Pierpaolo Piludu, come a voler sottolineare che non ci possono essere “guerre giuste” e neppure “guerre preventive”, stravagante ossimoro coniato per giustificare le campagne militari moderne, così come la maggiore precisione nel colpire il bersaglio rende semplicemente più efficace uno strumento di morte –. «Le bombe sono sempre le stesse ovunque vengano lanciate, Oriente o Occidente non fa nessuna differenza: a Gaza come in Donbass, a Sarajevo come in Iraq e in Kurdistan, come dappertutto, le bombe uccidono, smembrano, distruggono, radono al suolo ogni cosa, fanno a pezzi ogni vita”.
Quindi chiedersi “Da dove arrivano le bombe?” significa interrogarsi sulle ragioni più profonde dei conflitti, possibilmente alla ricerca delle soluzioni pacifiche in grado di garantire nuovi e più stabili equilibri sullo scacchiere mondiale senza necessariamente incrementare il mercato delle armi: la Storia, sia pure tra luci e ombre, riflette il cammino della specie umana attraverso i secoli, troppo spesso segnato da guerre e invasioni, conflitti politici e religiosi e scontri tra etnie. «Lavorare sulla memoria, nel mare di amnesia in cui stiamo affogando tutte e tutti, è un esercizio di mera sopravvivenza – aggiunge il regista Alessandro Lay – «semplicemente, se non vogliamo regredire come razza, diventa cruciale saper usare la memoria per ricordare non in senso nostalgico, ma per sapere distinguere una cosa dall’altra, per sapere mettere ‘in colonna’ i fatti accaduti, ed essere alla fine in grado di tirare le somme. Le bombe non uccidono per ‘sfortuna’, non cadono per caso, non distruggono perché la sorte è cattiva». L’analisi dei fatti permette di identificare i colpevoli e le vittime, di attribuire correttamente le responsabilità, di soppesare i torti e le ragioni: non cancella il dolore ma aiuta a conoscere la verità.