S’intitola “GAP/ Gioco d’Azzardo Patologico – rovinarsi è un gioco” lo spettacolo del Teatro del Segno – scritto, diretto e interpretato da Stefano Ledda – in cartellone DOMANI (sabato 6 novembre) alle 21 al TsE di Is Mirrionis a Cagliari per un appuntamento (fuori abbonamento) inserito nella Stagione di Teatro Senza Quartiere 2021-2022 organizzata dal Teatro del Segno.
In scena la storia emblematica di un giocatore di videopoker imprigionato nella tragica spirale della dipendenza, tra l’assurda speranza di “rifarsi delle perdite” e il desiderio, o meglio il bisogno irrefrenabile di tentare ancora una volta la fortuna, in una sorta di viaggio agli inferi – testimonianza in prima persona su una nuova emergenza sociale – sempre più diffusa anche in Sardegna.
La forza espressiva e comunicativa del teatro permette agli spettatori di identificarsi con il protagonista, un uomo come tanti, con un lavoro, un amore, una famiglia, ma che suo malgrado appartiene alla “percentuale difettosa” – tanto che basta una piccola vincita a scatenare in lui quel “demone” del gioco da cui non riesce più a liberarsi.
Le ludopatie – sempre più frequenti in epoca di incertezza e crisi economica – rappresentano una delle forme di “dipendenza non da sostanze” in cura presso i SerD con tutto il corollario di drammi familiari, rovina finanziaria, debiti e usura e l’incubo di una ossessione, di una passione “irrinunciabile”.
Focus sulla vita “esplosa” di un giocatore di videopoker in “GAP/ Gioco d’Azzardo Patologico – rovinarsi è un gioco”, lo spettacolo del Teatro del Segno ideato, scritto, diretto e interpretato dall’attore e regista Stefano Ledda in scena DOMANI (sabato 6 novembre) alle 21 al TsE in via Quintino Sella nel cuore di Is Mirrionis a Cagliari per un appuntamento (fuori abbonamento) sotto le insegne della Stagione di Teatro Senza Quartiere 2021-2022 organizzata dal Teatro del Segno.
Una storia emblematica su una delle nuove forme di “dipendenza”, una vera e propria patologia ossessivo-compulsiva – o meglio un disturbo del controllo degli impulsi riconosciuto e descritto nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – che trasforma il sottile brivido del rischio in una droga.
“GAP” evoca fin dal titolo (acronimo di “gioco d’azzardo patologico) il dramma personale delle vittime del demone del gioco, imprigionate nel terribile meccanismo che le induce a tentare più e più volte la fortuna, con il desiderio spasmodico di vincere, ma in fondo quasi con la segreta speranza di “perdere” per avere la giustificazione del doversi “rifare” e dunque giocare, e giocare ancora. La pièce offre un’intensa e amara testimonianza su come un innocuo passatempo possa distruggere un’esistenza, insinuandosi a poco a poco nei pensieri fino a diventare un’idea fissa, che cancella tutto il resto.
Il protagonista – un giovane uomo felicemente fidanzato e in procinto di sposarsi – vede infrangersi a poco a poco i suoi sogni, divorati dalla passione irresistibile per le combinazioni di segni e numeri che sanciscono la buona, o cattiva fortuna: inseguendo una vittoria irraggiungibile, finisce con il perdere amicizie e affetti, e la stima di sé. La pièce punta i riflettori sui rischi della dipendenza da gioco d’azzardo – e sulle ricadute sociali del diffondersi dell’abitudine e attitudine a cercare in un “Gratta e Vinci” o nel poker online la soluzione ai problemi del quotidiano, o anche semplicemente il sottile brivido di una sfida alla (buona) sorte.
Le azioni e le scelte dei singoli infatti si riverberano sulla comunità: se il protagonista di “GAP” inizia il suo viaggio agli inferi in solitudine, dapprima minimizzando e celando la sua particolare predisposizione all’azzardo, poi contraendo dei debiti per mascherare le perdite, il suo comportamento inciderà non solo nei rapporti con familiari e amici – e con il datore di lavoro e i colleghi. Spesso per far fronte agli impegni i giocatori finiscono nelle mani degli usurai o addirittura giungono a commettere atti criminali – ad esempio indebite sottrazioni di denaro – con l’unico fine di continuare a giocare, rilanciando con un posta sempre più alta che dovrebbe coprire ammanchi e perdite, di fatto aggravando sempre più la propria posizione.
Un dramma privato che si consuma nella mente di un giocatore – con precedenti illustri, da “Il giocatore”, celebre romanzo di Fëdor Dostoevskij, a “La donna di picche” di Aleksandr Puškin oltre alle tante “variazioni sul tema” nelle pellicole cinematografiche, da “Casinò” di Martin Scorsese a “Hard Eigh” di Paul Thomas Anderson, a “L’uomo della pioggia” di Francis Ford Coppola – prigioniero di una ossessione ma le cui conseguenze coinvolgono e travolgono anche le persone che lo circondano, con esiti catastrofici.
LO SPETTACOLO
Se “rovinarsi è un gioco”: “GAP” del Teatro del Segno
«Ad un certo punto sono esploso e tutto non era più dove l’avevo lasciato» Stefano Ledda – GAP
… «Qualsiasi tipo di gioco d’azzardo può portare alla dipendenza proprio come il tabacco, l’eroina e l’alcool. […] attraverso il teatro e le sue immagini, i suoi suoni, le sue parole, lo spettacolo “GAP / Gioco d’Azzardo Patologico” del Teatro del Segno mostra in modo efficace la realtà nella quale, senza neanche accorgersi del come, si può scoprire se stessi o il proprio familiare.
[…] Attraverso esperienze come questa si può aiutare non il “proibizionismo”, ma la comprensione che il gioco d’azzardo patologico è una malattia grave, facendo entrare questo concetto semplice dentro al nostro patrimonio culturale, ovvero favorendo, attraverso una visione critica del fenomeno, lo sviluppo di una cultura che sappia distinguere, semplicemente, il gioco dall’azzardo.»
Dott. Rolando De Luca – psicologo psicoterapeuta
Responsabile del Centro Di Terapia Di Campoformido (UD)
per ex giocatori d’azzardo e le loro famiglie
Sfidare la fortuna e il caso – e governare il destino è un’antica aspirazione, o illusione umana: la stirpe mortale, costantemente in balia del fato, ha inventato l’arte di divinare il futuro affidando a veggenti e indovini il compito di leggere i segni misteriosi, nel tentativo di controllare il caos. Se l’incertezza domina l’esistenza, in una sequenza disordinata e imprevedibile di successi e catastrofi, pure resiste il sottile brivido del rischio, il piacere di giocarsi (perfino) la vita in un tiro di dadi con la temerarietà cieca e spavalda, l’elegante noncuranza degli eroi guerrieri.
Fin dall’antichità il gioco appare come rito conviviale – a tutte le latitudini – in un’ideale prosecuzione dell’infanzia o (dis)simulazione dell’aleatorietà e precarietà dell’esistenza: già il filosofo Eraclito afferma che «Il tempo è un fanciullo che gioca, muovendo le tessere di una scacchiera». L’attrazione fatale per l’azzardo descritta ne “Il giocatore” di Dostoevskij – e già prima nell’omonima commedia di Goldoni – viene riproposta, con numerose varianti, nel cinema e nella letteratura: nella realtà, come nell’arte, la figura chiave è quella del perdente che, posseduto da un demone, finisce con il dissipare il proprio patrimonio al tavolo verde o alla roulette.
Il fascino in negativo dell’eroe sulla via della perdizione assume per la psichiatria moderna i connotati di una vera patologia – una forma di dipendenza ossessivo compulsiva con sintomi e crisi di astinenza analoghi a quelli della dipendenza da oppiacei: una malattia dagli effetti devastanti per chi ne è colpito e la sua famiglia – con gravi ricadute economiche e sociali.
S’intitola proprio “GAP” – acronimo di “gioco d’azzardo patologico” – lo spettacolo del Teatro del Segno, scritto, diretto e interpretato dall’attore e regista Stefano Ledda (con la consulenza di esperti, come lo psicoterapeuta Rolando De Luca) che dal 2005 mette in guardia sulle insidie nascoste dietro le lusinghe del “vincere facile”, la tentazione di “risolversi la vita” e far fronte alle difficoltà del quotidiano attraverso una cospicua – ma assai “improbabile” – vincita. Il sottotitolo dello spettacolo – “rovinarsi è un gioco” dà anche il nome al progetto di informazione e sensibilizzazione a cura del Teatro del Segno – che unisce la forza e il pathos del linguaggio teatrale a momenti di approfondimento, riflessione e confronto con medici, esperti e operatori dei SerD e si rivolge soprattutto a ragazzi e adolescenti, la fascia più “a rischio”, i potenziali nuovi clienti del sistema, ma anche i più recettivi e capaci di attivare una comunicazione tra pari (la cosiddetta peer education).
Tutto è iniziato da un fatto di cronaca: «L’idea di uno spettacolo sulla dipendenza dal gioco d’azzardo è nata dalla lettura di un articolo di giornale – nel 2004 – dove si raccontava di un mio coetaneo di allora che aveva finto il suicidio per attirare l’attenzione sui suoi debiti da videopoker» spiega Stefano Ledda. «I videopoker li consideravo videogames e mi son chiesto che senso potesse avere un gesto così eclatante; ho iniziato a leggere e documentarmi e subito ha colpito la mia attenzione quell’acronimo “GAP” che per me fino a quel momento significava Gruppi d’Azione Partigiana o rimandava all’inglese gap che indica una lacuna o una mancanza – come una crepa sul muro. Il “gioco d’azzardo patologico” è proprio questo: la necessità, l’urgenza di riempire un vuoto – come ogni altra dipendenza da droghe. E ho deciso che volevo raccontare quella storia».
La genesi di “GAP”/ rovinarsi è un gioco” è stata lunga e complessa – e anche un po’ “sofferta”, come racconta l’artista cagliaritano, che ha scelto di prendere spunto direttamente dalla realtà «vengo da un quartiere come Is Mirrionis – dove il disagio sociale è molto presente e visibile, almeno per chi ci è nato: lì sono andato a cercarmi delle informazioni, a fare delle interviste, sono stato nei bar a conoscere le persone e fare domande – quando era consentito perché non è facile avvicinare qualcuno quando sta giocando. I giocatori non parlano volentieri delle loro perdite e sviluppano sentimenti particolari come il senso di possesso della macchina: la possibilità che qualcun altro giochi con la macchina in cui hai messo tanti soldi e che non ti ha fatto vincere ha il sapore di un tradimento ».
“GAP” ricostruisce come in un flashback la storia di un giocatore di videopoker – un uomo come tanti caduto nella spirale della dipendenza, che all’improvviso vede la sua vita esplodere e andare a pezzi: un viaggio agli inferi e ritorno, con il tentativo di “disintossicarsi” frequentando i gruppi di auto-aiuto. La moglie, stanca delle sue bugie e delle fughe della realtà, lo ha lasciato, portando con sé il figlio, gli amici e i parenti lo evitano e non si fidano più di lui, la sua passione/ossessione lo ha condannato alla solitudine, si immagina che chi in un locale siede accanto a lui «lo veda attraverso un vetro sporco». La pièce teatrale mette l’accento sull’inconsapevole assuefazione all’azzardo – tra Gratta e Vinci, Bingo e tutte le varianti del Lotto e Superenalotto, le scommesse sulle corse, il videopoker e sempre di più il poker online – e sul ruolo ambiguo di uno Stato che trae i suoi proventi dal sistema e da un giro d’affari miliardario, ma poi deve affrontare i crescenti costi sociali derivanti dalla dipendenza da gioco. Una parola dal suono gentile – ludopatia – per raccontare un fenomeno sempre più diffuso, in cura pressi i SerD – una malattia dell’anima da cui è difficile guarire, una tragedia privata che è ormai diventata, anche per effetto della crisi, che spinge paradossalmente a tentare di più la fortuna – una vera, drammatica emergenza sociale.
Un fenomeno preoccupante – da prevenire e contrastare – ricordandosi che davvero “rovinarsi è un gioco”.
PROSSIMI APPUNTAMENTI
“GAP/ Gioco d’Azzardo Patologico – rovinarsi è un gioco” è in cartellone anche DOMANI (sabato 6 novembre) alle 9.30 al TsE di Is Mirrionis a Cagliari nell’ambito del progetto di respiro regionale “SARDEGNA 2021/2022 – Rovinarsi è un Gioco”.
“Sardegna – Rovinarsi è un Gioco” – già patrocinato dall’Agita (Associazione Nazionale degli ex Giocatori d’Azzardo e delle loro famiglie) e sostenuto dalle ASL e da Province e Comuni dell’Isola, ha ottenuto il patrocinio della Presidenza della Camera dei Deputati, della Presidenza del Senato e della Presidenza del Consiglio Regionale della Sardegna. Nel 2014 lo spettacolo “GAP/ rovinarsi è un gioco” è stato il fulcro del Progetto di Sensibilizzazione sull’Uso Responsabile del Denaro – anch’esso intitolato “Rovinarsi è un gioco” – promosso e sostenuto dalla Camera di Commercio di Cagliari e dalla Caritas Diocesana di Cagliari. Nel 2016 la Caritas di Messina ha inserito “GAP” nel progetto “Game Over”.
Dopo la sospensione degli spettacoli e la chiusura dei teatri, riparte – dal quartiere de Is Mirrionis a Cagliari – il progetto “SARDEGNA 2021/2022 – Rovinarsi è un Gioco” con l’obiettivo di diffondere una cultura del gioco senza la vertigine e i rischi dell’azzardo, spiegando soprattutto alle giovani generazioni quel che si cela dietro un semplice svago – che come dicono le avvertenze – può indurre dipendenza).
Ragazzi e adolescenti sono infatti i potenziali “clienti” di domani del sistema del gioco d’azzardo, una vera e propria industria che trae immensi profitti, facendo leva sulla speranza di facili guadagni, del tutto incurante degli effetti collaterali, dall’impoverimento dei cittadini e delle famiglie, già in precaria situazione economica, fino al caso estremo delle dipendenze. Il moltiplicarsi delle forme e delle occasioni di gioco – soprattutto delle tipologie del “gioco tecnologico” – insieme a invitanti réclame – favorisce la diffusione tra i giovanissimi, e non solo, dell’interesse se non della passione per l’azzardo: dal pensionato che dilapida la pensione al disoccupato che spende il suo sussidio, allo studente che perde la sua borsa di studio, a quei dirigenti, o impiegati, che arrivano a rubare pur di continuare a giocare. Le cronache riportano quotidianamente gli episodi più drammatici o eclatanti, accanto ai rari casi di vincite che alimentano però le speranze, o meglio le illusioni di coloro che affidano alla sorte il compito di cambiare – in meglio – la loro esistenza: se le statistiche e i numeri implacabilmente confermano la quasi certezza e l’entità delle perdite e l’improbabilità di una vincita, son proprio la crisi economica e le difficoltà nello sbarcare il lunario a rendere paradossalmente più attraente l’idea di un colpo di fortuna.
L’obiettivo del Progetto “SARDEGNA 2021/2022 – Rovinarsi è un Gioco” è sensibilizzare e informare, soprattutto i più giovani, sui rischi che si celano dietro quello che molti ritengono un semplice svago, un innocuo passatempo: in Italia, moderno “paese dei balocchi”, la vera sfida è riscoprire l’etica del gioco, il valore dell’impegno e dello studio, il rispetto delle regole e delle leggi, la coscienza del “bene comune” affinché ciascuno possa costruirsi un degno futuro.
INFO & PREZZI
TsE di Is Mirrionis – CAGLIARI / 3>6 novembre 2021
biglietti
matinées: intero: 5 euro – ridotto (gruppi di 70 allievi e più): 4 euro
per informazioni: 392 9779211 – 391 4867955 – [email protected]
spettacolo serale – sabato 6 novembre – ore 21
biglietti: posto unico 10 euro
Informazioni e prenotazioni: [email protected] – cell. 3914867955