Cina, il “grande gioco” delle potenze
Possono coesistere sul nostro pianeta due Potenze economico-militari contrapposte? Possono coesistere due blocchi orientati da due diverse “visioni” etiche che guidano gli Stati? Può una delle due Potenze assumersi il ruolo di guida imponendo la sua “dottrina” all’altra, minacciandone la stessa esistenza? Come può evolvere una situazione di forte tensione tra le due Potenze (Stati Uniti e Cina), e come può schierarsi il resto del mondo ‒ in parte già schierato con la Potenza per ora ancora egemone ‒ senza provocare una inedita alleanza tra la seconda Potenza e la rinascente terza Potenza (la Russia), alla quale possono aggregarsi “pezzi” rilevanti di quello che un tempo era il Terzo Mondo? Quali soluzioni sono prevedibili per evitare una “guerra calda” dato che quella “fredda” è già in atto?
A queste, e a molte altre complicate domande, in uno scenario sconvolto dal Covid-19, risponde con raffinati ragionamenti il libro “La Via Cinese” (Meltemi editore) di Fabio Massimo Parenti.
L’auspicio che il rebus sfoci in una “sfida per un futuro condiviso” è già nel sottotitolo del libro un accenno di risposta, e in sintesi l’obiettivo della Potenza sfidante, un distico caro al presidente cinese Xi Jinping, sorta di assioma della sua politica.
Parenti è geografo economico-politico ben noto, docente all’Università degli Affari esteri di Pechino e all’Istituto internazionale Lorenzo de’ Medici di Firenze. Ricercatore, saggista, esperto di politica ed economia cinesi, è autore di opere che contribuiscono ad arricchire il panorama editoriale sui temi di geopolitica, geostrategia e geoeconomia, con particolare riguardo alla Cina e alla sua spettacolare performance internazionale.
Indagando un vasto spettro di problematiche che hanno accompagnato il risveglio del gigante asiatico dal 1978 ad oggi ‒ da quando Deng Xiaoping avviò la “grande avventura” delle Riforme, fino al superamento della globalizzazione con quella che Parenti definisce “la nuova visione cinese” ‒ indagando scientificamente il quarantennio che ha capovolto la Cina, l’autore ci spiega nel dettaglio il “pensiero” che oggi governa il più complesso tra i fenomeni politici del nostro tempo.
Intessendo abilmente informazioni economiche di prima mano con il processo politico in atto della BRI (Belt and Road Initiative), “il piano di investimento più grande della Storia”, ne viene uno scenario che probabilmente hanno compreso soltanto gli americani, altrimenti non avrebbero reagito in modo così bellicoso. Parenti spiega con profondità di indagine che, al contrario, la BRI è la grande opportunità del secolo per l’intero pianeta.
In Cina sono appena usciti dalla povertà totale gli ultimi 88 milioni di cinesi, con anticipo rispetto all’agenda delle Nazioni Unite. Assicurare sussistenza, servizi, sanità, istruzione basilari a un miliardo quattrocento milioni di persone è molto più di un “miracolo”. Significa che l’economia di mercato, gestita nell’interesse collettivo dallo Stato che conosce i bisogni del suo popolo e sa come provvedervi, capovolge la dottrina del capitalismo dei gruppi economici di pressione sullo Stato ricattato.
L’argomento è appassionante e Parenti lo indaga in profondità, ne spiega i meccanismi, i punti di forza ma anche di debolezza. E ipotizza, a buona ragione, che la Cina stia elaborando l’alternativa. Oggi essa è il più grande laboratorio politico esistente al mondo e ci obbliga a studiarne seriamente le evoluzioni rispetto alle ormai esauste “dottrine occidentali”.
Chiamatelo come meglio vi piace, “socialismo alla cinese” oppure “socialismo confuciano” o addirittura “socialismo capitalista” ‒ tutte definizioni in sé non automaticamente classificabili ‒ ma è certo che i comunisti cinesi con Xi Jinping hanno imboccato fin dal 2013, con maggior forza dal 2017, una strada di “ringiovanimento” non altrimenti rinunciabile.
Queste scelte politiche del tutto creative, alimentate da una buona dose di rischio e di coraggio, hanno inaugurato la stagione del “multilateralismo senza egemonia”, per dirla con le parole dell’autore, quella stagione che da almeno un decennio innervosisce e in parte fa paura agli Stati Uniti e ai suoi più stretti alleati, meno l’Unione Europea anche per le posizioni più indipendentiste di Parigi e Berlino.
L’ormai decennale declino di Washington non impedisce però agli americani di continuare a ritenersi l’unica Potenza di controllo del pianeta. Insistere a non vedere che tutto è cambiato o sta velocemente cambiando non è foriero di alcunché di buono.
Purtroppo la nuova amministrazione americana, ancor peggio della precedente, si è messa in rotta di collisione con la Cina e ha trovato nel nuovo presidente Joe Biden il cavaliere dell’Apocalisse. Da quando è alla Casa Bianca la sua ossessione è la Cina e si è gettato capofitto nella “guerra di contenimento” utilizzando feroci campagne denigratorie accusando Pechino di “genocidi” in Xinjiang contro la minoranza etnica degli uiguri, di brutalità contro i diritti umani a Hong Kong, di minacce alla “democrazia” di Taiwan, di “egemonia” sul Mar Cinese Meridionale. Sicuramente a breve tornerà di “attualità” il Tibet e la CIA finalmente “scoprirà” che il “virus cinese” è uscito (deliberatamente?) dal laboratorio di Wuhan.
Il prof. Parenti affronta il complesso “tema americano” incorniciandolo nel quadrante che gli Stati Uniti hanno voluto rendere più turbolento, quello appunto dell’Estremo Oriente con al centro il Dragone cinese.
Le tensioni di quel quadrante, ora che anche il Giappone si è dichiarato pronto a scendere in guerra al fianco degli americani in difesa di Taiwan, fanno da sfondo problematico alle tesi conclusive di Parenti. Dopo un passaggio molto istruttivo sulle cause-effetti del virus, egli offre al lettore tre possibili scenari futuri: una terza guerra mondiale; una nuova guerra fredda; uno scenario di pace.
Ovviamente optiamo per quest’ultimo, ma tutte le premesse così bene sondate dall’autore in “La Via Cinese” aprono, purtroppo, spiragli dove balenano bagliori sinistri.
Adriano Màdaro