“Si vota per le Regioni, non per il governo. Su questo si esprimeranno gli italiani. Poi ogni elezione ha conseguenze ma la durata del governo non è legata alle Regionali ma alla capacità di affrontare la crisi economica”.
Ettore Rosato, coordinatore nazionale di Italia Viva, con questa dichiarazione ad Affaritaliani.it getta acqua sul fuoco alla luce delle divisioni tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle e nega clamorose ripercussioni per l’esecutivo dalle elezioni del 20-21 settembre. I renziani, d’altronde, al momento non hanno alcun interesse a provocare una crisi di governo.Mega rimpasto o Governo Draghi?
Ma nella maggioranza la tensione è alta. Tra un mese si aprono le urne – salvo un improbabile rinvio causato dall’emergenza Covid-19 – e i Dem sono letteralmente in fibrillazione. La mancata intesa nelle Marche e in Puglia con i pentastellati ha lasciato l’amaro in bocca. Il premier Giuseppe Conte ha spinto per trovare l’accordo, ma l’intransigenza di Vito Crimi e soprattutto dei grillini locali ha chiuso ogni strada.
E così già si guarda allo scrutinio che inizierà alle ore 15 di lunedì 21 settembre.
Nel Veneto non ci sono dubbi sul trionfo di Luca Zaia, quasi imbarazzante con sondaggi che lo danno addirittura all’80%. Anche in Liguria non c’è storia, nonostante sia l’unica Regione dove Pd e M5S hanno stretto l’alleanza, candidando Ferruccio Sansa, i sondaggi danno almeno 15 punti di vantaggio al Governatore uscente Giovanni Toti. In Puglia e nelle Marche, dove gli uscenti sono di Centrosinistra, la partita è aperta ma la media dei sondaggi dà Raffaele Fitto avanti di 4-5 punti e Francesco Acquaroli di 7-8.
Mega rimpasto o Governo Draghi?
Al Pd rischia di restare la Campania, dove però il successo sarà personale del presidente Vincenzo De Luca (nemino numero uno dei pentastellati) e non certo della maggioranza, e la roccoforte della Toscana, dove comunque la leghista Susanna Ceccardi spera ancora nel miracolo con Matteo Salvini impegnatissimo a girare tutta la Regione e i sondaggi che la danno indietro rispetto a Eugenio Giani solo di 2-4 punti.
Insomma, al momento lo spettro del 4 a 2 (o perfino 5 a 1) per il Centrodestra aleggia sul governo e rende sempre più nervosi i big del Partito Democratico. Nel M5S sono convinti che se questo fosse davvero il responso delle urne tra i Dem si aprirebbe una sorta di processo al segretario Nicola Zingaretti con la richiesta immediata di un congresso, anche e soprattutto in vista della possibile alleanza alle Comunali del 2021 con i pentastellati, come sancito dalla votazione sulla piattaforma Rousseau.
Già alcuni esponenti di spicco come Andrea Marcucci, capogruppo al Senato, e Dario Nardella, sindaco di Firenze ex renziano, hanno chiesto il congresso, per non parlare dell’affondo anti-Zingaretti del primo cittadino di Bergamo, Giorgio Gori. Una situazione potenzialmente esplosiva e un possibile 4 a 2 alle Regionali (se non 5 a 1) sarebbe il detonatore.
Mega rimpasto o Governo Draghi?
Senza contare che alcuni Dem potrebbero anche mettere nel mirino il premier Conte per non aver saputo chiudere l’accordo almeno nella sua Regione, la Puglia, esercitando evidentemente una moral suasion insufficiente sui grillini locali.
L’ipotesi estrema, che si verificherebbe soprattutto in caso di sconfitta pesante e magari perdita anche della rossa Toscana, sarebbe quella di Zingaretti, travolto dalle polemiche interne, che stacca la spina al governo dichiarata finita questa esperienza.
A quel punto, in ambienti sia di maggioranza che di opposizione, sono convinti che si andrebbe dritti verso l’esecutivo di larghe intese tutti dentro con Mario Draghi, che ha spiegato il suo programma al Meeting di Rimini, a Palazzo Chigi. E’ opinione diffusa che il Capo dello Stato, con il piano di riforme da presentare in ottobre a Bruxelles per accedere ai fondi del Recovery Fund e con le tensioni sociali legate alla fine del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione, non manderà il Paese alle urne (considerando anche i problemi tecnici connessi alla legge elettorale dopo la quasi certa vittoria del sì al referendum sul taglio dei parlamentari).
Mega rimpasto o Governo Draghi?
L’ipotesi meno estrema, invece, è quella di un corposo rimpasto di governo subito dopo le Regionali con l’obiettivo di rilanciare l’azione del governo Conte. E qui i tasselli del puzzle da sostituire non sono pochi. Matteo Renzi vuole per Italia Viva un ministero in più rispetto agli attuali due che ha nella compagine governativa. L’ex premier spinge per un dicastero per Maria Elena Boschi o, in alternativa, per Ettore Rosato. Per la Boschi sarebbe pronto, condizionale d’obbligo, il dicastero dei Rapporti con il Parlamento attualmente guidato da Federico D’Incà.
Per quanto riguarda il Pd, Graziano Delrio, attuale capogruppo Dem alla Camera, potrebbe andare al posto di Paola De Micheli come ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture. Il vicesegretario del Pd Andrea Orlando si preparerebbe a tornare alla guida del ministero della Giustizia al posto di Alfonso Bonafede.
Perdendo la poltrona di Guardasigilli, il Movimento 5 Stelle guadagnerebbe però quella del dicastero della Difesa: al posto del Dem Lorenzo Guerini andrebbe infatti o Angelo Tofalo, sottosegretario proprio alla Difesa, oppure Luca Frusone, deputato pentastellato e presidente della delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Nato.
La Dem Anna Ascani, che al momento è sottosegretario all’Istruzione, prenderebbe il posto della ministra Lucia Azzolina, al centro delle polemiche per il caos che ancora non garantisce serenità alle famiglie e ai docenti sulla riapertura delle scuole a settembre. In uscita dall’esecutivo anche Nunzia Catalfo, ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, sostituita da un’altra 5 Stelle, Carla Ruocco, grillina della prima ora.
Il quadro si completerebbe, sempre secondo le ultime indiscrezioni, con la sostituzione di Giuseppe Provenzano al ministero per il Mezzogiorno con il pentastellato Giancarlo Cancelleri, attuale viceministro di Trasporti e Instrastrutture.
Scricchiola anche la poltrona del Viminale della ministra Luciana Lamorgese, visto il caos sbarchi e immigrazione, ma Nicola Zingaretti pare proprio che non sia più convinto di entrare nel governo al ministero dell’Interno (e a maggior ragione dopo le polemiche che lo investirebbero in caso di flop alle Regionali).
Se saltasse la Lamorgese, l’ipotesi più probabile è quella della promozione al ruolo di ministro di Vito Crimi, attuale vice al Viminale, il quale, sotto attacco nel Movimento, consoliderebbe così la sua posizione nel governo. Confermati Roberto Gualtieri all’Economia, Luigi Di Maio agli Esteri e Roberto Speranza alla Salute.
Fin qui le voci sul mega-rimpasto, tutto è nelle mani degli elettori delle sei Regioni dove si voterà. Anzi sette, considerando anche la Valle d’Aosta dove però il sistema elettorale è proporzionale.
E le elezioni politiche anticipate invocate anche oggi da Giorgia Meloni con un’intervista ad Affaritaliani.it? Niente da fare, non solo per gli effetti del referendum e l’esigenza di non perdere il treno del Recovery Fund, ma anche e soprattutto per il cosiddetto ‘spirito di sopravvivenza‘ che vive nei quasi mille parlamentari. E sono in tanti a scommettere che si farà sentire forte e chiaro in caso di crisi. Tutto pur di salvare la legislatura (e la poltrona).
Di Alberto Maggi
Fonte: www.affaritaliani.it