“Buongiorno”, disse il Piccolo Principe.
“Buongiorno”, disse il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere.
“Perché vendi questa roba?” disse il Piccolo Principe.
“È una grossa economia di tempo” disse il mercante. “Gli esperti hanno fatto i calcoli. Si risparmiano cinquantatré minuti alla settimana.”
“E cosa se ne fa di questi cinquantatré minuti?”
“Se ne fa ciò che si vuole…”
“Io”, disse il Piccolo Principe, “se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana…”
da “Il Piccolo Principe” di Antoine-Marie-Roger de Saint-Exupéry
questo cercava di spiegare Saint-Exupéry, attraverso questi semplici versi de “Il Piccolo Principe“. Tutte le psicoterapie come forme di ri-educazione alla scoperta del vero concetto di Ascolto, verità sepolta nel tempo dal sottile avanzare delle logiche che privilegiano il ri-conoscimento esteriore, atte a definire, dar forma alla Personalità, al Ruolo.
Le nuove psicoterapie, allora, come tentativo per ovviare a quanto accaduto nell’infanzia, alle mancanze, alla negligenza.
“I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: “Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?” Ma vi domandano: “Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?” Allora soltanto credono di conoscerlo”.
da “Il piccolo principe” di Antoine-Marie-Roger de Saint-Exupéry
Le nuove relazioni d’aiuto necessitano dell’abbandono delle forme di dipendenza costrittiva alle vecchie logiche metodologico-operative per lasciare spazio a qualcosa che da sempre è stato lì, in attesa di essere ri-scoperto, delicato come un momento di profonda tenerezza e marginato, sempre più, da una società nella quale ha prevalso un modus vivendi che contempla una felicità di nicchia: la Semplicità, quella che i bambini conoscono tanto bene e che gli adulti hanno razionalizzato nell’intento di nasconderne le potenzialità, all’altro. Nessuna supposizione, nessun tentativo di aggirare l’unica verità possibile, lampante, del tempo sprecato dietro alla ricerca del nulla – gli anni e il ripresentarsi del vuoto diventano, allora, indicatori, conferma a quell’antica mancanza. In questo senso, tutti i livelli prima volutamente fra loro scissi convergono ad una sola e rapida conclusione che scardina tutte le altre: non c’è separazione fra me e l’altro, soltanto la mancanza di quel che ho sempre nascosto al prossimo per non soffrire, nel tentativo di non ritornare mai più a quella ferita che, invece, il tempo mi ha chiesto più volte di affrontare, mettendomi nelle condizioni di superarla.
Servirmi di calcoli matematico-statistici, mentre a mancare sarà la sostanza, sarà come un conversare con me stesso, un ri-tornare a centrarmi all’interno della relazione terapeutica. Sarà come un privarmi della possibilità di Ri-scoprirsi e Ri-conoscersi nell’altro, nel terrore di perdermi nei meandri emozionali, ancora inesplorati, della mia mente: un labirinto che già conosco.
“A me resta il colore del grano”
da “Il piccolo principe” di Antoine-Marie-Roger de Saint-Exupéry
Questa semplice frase tratta dal testo del Saint-Exupéry ricorda l’importanza dell’Autenticità, del saper mostrare Se Stessi; resta la sostanza dell’invisibile messaggio, quel che non appare al comune vedere: quella spontaneità che soltanto un bambino può esprimere, nella sua naturalezza, nella sua interezza. Allora non sarò costretto a mettere le mani in avanti, potrò essere semplicemente me stesso in ogni luogo, con qualsiasi persona: vedrò l’altro come l’amico di sempre, avrò Fiducia.
Il lavoro delle nuove psicoterapie consisterà esattamente in questo: avere il coraggio di superare queste sorpassate concezioni per scandagliare le proprie profondità, arrivando all’essenza di quanto si è sempre stati per il raggiungimento di quel tanto ricercato ben-essere, la Libertà.
Allorquando stringerò la mano dello specialista ed entrerò nel suo studio, sarà per me come varcare la porta di casa mia: un bellissimo obiettivo per tutti gli psicologi-psicoterapeuti che desiderano svolgere la propria professione in maniera ottimale, completa. Sarebbe più giusto darsi delle possibilità in itinere, chiedendosi: chi sono veramente all’interno di questa relazione? cosa desidero veramente per me stesso? cosa posso veramente donare all’altro? ed infine, mi sento veramente realizzato in quello che sto facendo?
Daniele Fronteddu