A pochi giorni dalla pubblicazione della proposta di legge relativa alle discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere da parte del gruppo studenti di Farmacia Politica, cerchiamo di comprenderne meglio alcuni punti fondamentali.
Nonostante il raggiungimento delle unioni civili anche per persone dello stesso sesso e poche norme eterogenee in materia di politiche del lavoro e inserimento professionale a livello nazionale, sono stati esigui gli interventi tesi a combattere l’omo-bi-transfobia a livello regionale. La situazione relativa alla discriminazione nei confronti di membri della comunità LGBTI negli ultimi anni non ha mostrato segni di miglioramento e, anzi, a livello regionale e locale, sia sul piano reale che in quello virtuale, preoccupano episodi di violenza fisica e psicologica. Episodi che, molto spesso, non vengono denunciati per timore di subire ripercussioni in famiglia, nell’ambiente scolastico, dal proprio datore di lavoro.La tabella di marcia dell’Unione Europea, adottata nel febbraio 2014 dal Parlamento europeo invita anche le regioni a collaborare alla definizione di una poliica globale pluriennale per la tutela dei diritti fondamentali delle persone LGBTI, e gli obiettivi in essa indicati includono anche il superamento della discriminazione nei settori del lavoro, dell’istruzione, della sanità e dell’informazione, ambiti nei quali ricadono le competenze legislative regionali.
“Viviamo in un società che, nonostante i numerosi passi in avanti, vede ancora l’omosessualità come una malattia” commenta Francesco Piseddu, esponente di Farmacia Politica, “non sono pochi i casi in cui all’interno delle famiglie un figlio venga rinnegato soltanto perché omosessuale o transessuale. I transgender sono coloro tra i quali si registra un rischio più alto di suicidi per motivi legati alla discriminazione e all’intolleranza. Nascondere la propria identità sessuale sembra oggi diventata una consuetudine, consuetudine che comporta notevoli sofferenze, perchè ci si scontra con la disapprovazione e la non accettazione degli altri: famiglia, parenti, datori di lavoro“.
Il superamento degli stereotipi, specie nell’ambito sanitario, come sottolinea Piseddu, sembra diventata una prerogativa imprescindibile: “In determinate farmacie gli stessi operatori si rifiutano di vendere gli ormoni per la transizione trasformandosi quasi in obiettori di coscienza. Dal nostro punto di vista c’è stata quindi la necessità di rileggere queste situazioni, apparentemente normali, traendone delle conclusioni che mettessero in discussione le sofferenze di queste persone che vengono attualmente etichettate come diverse“.
Dati non confortanti quelli dell’Istat relativi all’anno 2011. Il 61,3% dei cittadini intervistati tra i 18 e 74 anni ritiene che in Italia gli omosessuali siano ancora abbastanza discriminati. Per il 41,4% non è accettabile un insegnante di scuola elementare omosessuale, per il 28,1% un medico, per il 24,8% un politico. Il 59,1% ritiene accettabile che un uomo abbia una relazione affettiva e sessuale con un altro uomo e che il 59,5% delle donne abbia una relazione affettiva e sessuale con un altra donna. Il 55,9% si dichiara d’accordo con l’affermazione “se gli omosessuali fossero più discreti sarebbero meglio accettati”, mentre per il 29,7% “la cosa migliore per un omosessuale è non dire agli altri di esserlo”.
Daniele Fronteddu