Il grido d’amore nel libro di Anna Maria Sechi. La scrittrice racconta il suo percorso esistenziale fra sofferenze e poche gioie, con umiltà mettendo a nudo i propri sentimenti più intimi.
I lavori umili, le difficoltà economiche, la voglia di emergere nel tessuto sociale così avverso verso gli immigrati. E l’anemia mediterranea che colpisce la figlia Lucia sino alla sua scomparsa a 21 anni. Un libro che consiglio a tutti coloro che hanno provato cosa significhi emigrare sulla propria pelle. Un libro che scuote le coscienze, un autentico documento sull’immigrazione.
Anna Maria Sechi, classe 1941, lascia la Sardegna a 12 anni, varcando il mare e le Alpi con i genitori, giungendo alla meta: la Vallonia e le sue miniere, in Belgio. “La vita in quegli anni non è stata facile, siamo stati spinti ad abitare nelle case più decadenti che ci fossero, ho avuto una pessima infanzia e una misera adolescenza. Questo primo periodo della mia vita ha lasciato il segno”.
Sposata a 16 anni, madre di tre figlie: la prima deceduta alla nascita, la terza affetta dalla thalassemia major muore all’età di 21 anni. “Sia mio padre che mio marito lavoravano nelle miniere di carbone belghe. La vita del minatore è stata squallida e molto difficoltosa; i belgi si rifiutavano di affittare loro le case, perciò tanti di noi hanno vagato da un ghetto all’altro”.
Nel 1961 si trasferisce a Bruxelles e nel 1970 diventa segretaria della federazione dei circoli del Belgio. Nel frattempo, viene eletta presidente del Coasit di Bruxelles e consultore dell’assemblea degli emigrati sardi. Per diversi anni è membro del consiglio che rappresentava gli stranieri del comune di Uccle, una borgata di Bruxelles.
Anna Maria si sposa molto giovane, fonda una famiglia per la quale lotta coraggiosamente, aiuta il marito a lasciare la miniera. Trova un lavoro in una società che vede in lei solo la “straniera”.
Lotta per curare sua figlia affetta dalla talassemia major, malattia a quei tempi sconosciuta in Belgio, racconta la sua difficoltà, ci dimostra il suo coraggio di donna semplice, confrontata a un mondo scientifico che non gli riconosce nessuna competenza, ma finirà per riconoscerle il suo grande impegno,
Questa è la storia della povera gente che lottano per una esistenza meno miserabile. Anna Maria non da lezioni a nessuno, divide la sua storia con molta umiltà. La narrativa porta un altro sguardo sulla storia dell’immigrazione italiana in Belgio spingendo alla riflessione sul posto che accordiamo allo straniero.